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giovedì 3 maggio 2007

GROSSO PROBLEMA DELLA DESTRA : difendere la nostra identità




La destra, in tutto il mondo, si chiama conservatrice. Per una ragione specifica e nobile, la quale è stata illustrata nei secoli da eminenti studiosi e leader politici. Perché la destra ritiene che, senza la conservazione delle tradizioni e il loro aggiustamento lento e graduale, non c’è mantenimento di identità, e senza mantenimento di identità c’è solo l’avventura delle rivoluzioni. Per questo la destra è gradualista, è sperimentalista, procede per tentativi e correzioni di errori. Per questo è riformista. Per la destra le riforme sono la risposta provvisoria alle lacune rinvenute in una tradizione, non un salto in un’altra tradizione.
Ma la destra in Italia è sconcertante perché ha due caratteristiche che la distinguono da quella del resto del mondo occidentale. Non ama definirsi destra e detesta di chiamarsi conservatrice. Ora, le parole hanno il loro peso simbolico e si capisce che in un paese in cui destra ha significato nazionalismo e conservazione ha significato privilegi, questi termini sono sospetti e stereotipati. Ma, dietro i termini, stanno i concetti e, dietro i concetti, le politiche.
E allora, riguardo alle politiche, ci si chiede: vuole la destra caratterizzarsi come la porta bandiera della nostra tradizione cristiana? Vuole rifiutare relativismo e laicismo? Capisce che il multiculturalismo è un veleno, che il pacifismo è una resa, che il dialogo così come oggi è concepito è una trappola? Vuole allora, la destra, mettere in discussione questa Europa, cioè questa Unione Europea? L’impressione è che talvolta non lo voglia. Anzi, che, per difetto culturale, sia debitrice del vocabolario della cultura dominante. E così accade di vedere che la destra si oppone alla sinistra senza conoscerne la vera ragione; che si oppone all’islamismo e difende le nostre radici cristiane (quando le difende), ma non ne avverte il peso e il valore.
Tante volte, al contrario, si sente dire: sono di destra, ma sono laico, sono di destra ma sono moderno, sono di destra ma sono liberale, sono di destra ma sono per Israele, sono di destra ma sono per la Palestina. Quei ma sono di troppo e rivelano spesso sensi di inferiorità. Per questo non è infrequente trovare chi, per non sentirsi inferiore, a destra pensa, ad esempio, che la Chiesa esageri, che il multiculturalismo sia una soluzione ragionevole ai problemi dell’integrazione, che il laicismo offra maggiori garanzie di libertà. Per questo s’è sentito il leader di un partito di centrodestra dichiarare che, sul matrimonio omosessuale, egli è “per la libertà di coscienza”. Torno allora al punto. Difendere la nostra identità è il compito soprattutto del centrodestra. Per rinnovare un sistema di partiti, per mettere in piedi un partito unico, per offrire una prospettiva, occorre una cornice ideale, da cui nasca un programma, a cui si ispiri un’azione politica. O la destra capisce che la difesa della nostra identità è il primo punto di quel programma oppure la destra, e noi tutti con essa, avrà perso assai di più delle elezioni.

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