Con la giunta militare birmana si fanno ottimi affari. Il business nostrano col governo che da due settimane sta usando il pugno di ferro per reprimere le manifestazioni pro-democrazia iniziate dai monaci buddisti ammonta quest’anno a quasi 121 milioni di euro. Lunghissimo l’elenco delle imprese italiane grandi e piccole coinvolte nel giro e che quest’anno hanno importato dalla Birmania soprattutto legname, abbigliamento e pietre preziose per un totale di 59.592.916 euro. Tra i nomi eccellenti figurano fiori all’occhiello del made in Italy di lusso come Bulgari, che quest’anno ha importato preziosi per circa 386mila euro.Mentre la diplomazia internazionale protesta per la repressione in Birmania, l’Italia continua a chiudere affari d’oro con la giunta di Than Shwe. Cifre da capogiro che nel 2006, tra import-export, hanno raggiunto gli oltre 120 milioni di euro coinvolgendo circa 360 aziende italiane. Si parte dall’Oviesse, del noto gruppo Coin, che – nonostante un codice di condotta conforme alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e alle convenzioni sui diritti dei lavoratori dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro - è legata al regime birmano da un fatturato di oltre 2,5 milioni di euro.
Buone alleanze anche per il gruppo Auchan che in Birmania ha comprato per oltre 460 mila euro, e per l’italiana Bulgari gioielli con un conto di circa 380 mila euro. Va anche meglio alla francese Van Cleef&Arpels Logistic, che produce articoli di lusso per 4,8 milioni di euro. Meno note alcune imprese come la Bellotti Spa (oltre 7 milioni di euro), e la Nord Compensati Spa (2,4 milioni di euro), mentre stupisce che in alcuni casi si tratti di imprese che, come la Margaritelli e la Gazzotti nel settore del legname, vantano la certificazioni di ecosostenibilità “Fsc”, ma non altrettanta attenzione per i diritti umani. Per le esportazioni il giro di affari supera 60 milioni di euro, ma la presenza italiana si concentra in poche aziende concentrate nei settori meccanici e di difesa. Alla Danieli Officine Meccaniche Spa - specializzata in prodotti industriali nel settore dell’acciaio – il legame con il paese asiatico ha fruttato più di 55 milioni di euro, mentre l’Avio Difesa e Spazio, insieme agli altri settori di Avio Spa, ha mosso nel settore dei componenti aerospaziali militari e civili oltre 1,4 milioni di euro. Ma non è tutto. E’ di circa 60 milioni di euro il giro di affari delle esportazioni. Tra le aziende compare la Avio Spazio Difesa che, insieme alla Avio Spa, ha fatturato quest’anno circa 1milione400mila euro. Leader nella propulsione aerospaziale, come recita il suo sito internet, la Avio è specializzata nella produzione di motori e componenti militari e vanta, tra le altre, la collaborazione con le nostre Forze Armate. Nel dossier non è indicato cosa venda esattamente ai generali birmani.
Le imprese italiane non possono macchiarsi le mani di sangue mantenendo relazioni con l'odierna giunta militare che ha sotto il suo tallone un intero popolo, vessato, torturato e ucciso. Se non intervegono le imprese contro il governo birmano figuriamoci se lo farà il governo italiano incapace di imporsi nemmeno in politica interna. Certo, ognuno ha i propri interessi, ma portiamo avanti la nostra tradizione umanitaria.
Sanmolis
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