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giovedì 5 giugno 2008

Perchè la Germania non vuole l'Italia nel 5+2



Il ministero degli Esteri tedesco ha affermato di non favorire il nostro ingresso all’interno del gruppo di dialogo con l’Iran formato dai cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza più la Germania. In questo breve articolo cerchiamo di capire brevemente le ragioni di questa mossa.
Con l’affermarsi dell’Iran a livello internazionale e soprattutto con lo sviluppo del suo programma nucleare, la comunità ha cercato di impostare un dialogo con Teheran per evitare che la situazione potesse degenerare. Accortasi presto della sua “illegittimità” , la suddetta comunità internazionale decise di includere la Germania nelle trattative.

La mossa aveva molte ragioni. Innanzitutto, Berlino si era appena opposta duramente alla Guerra in Iraq. Inserendola nelle trattative con l’Iran si sperava di ricomporre la frattura anche perché nonostante il suo tanto sbandierato europeismo, il sogno irrealizzato della Germania era un seggio permanente all’ONU. Invece molti creduloni pensavano che quel seggio sarebbe spettato all’Unione Europea.
La Germania ha fatto capire che non vuole l’Italia nelle trattative. Si badi che la ragione non è razzista. Il timore di Berlino è che elevando Roma al suo stesso livello, le ambizioni tanto europee che internazionali della Germania siano costrette a ridursi.

Già lo scorso anno la Merkel si era detta intenzionata a riavviare il programma spaziale tedesco. Per la cronaca, esso era stato lanciato da Hitler. Sta di fatto che a Berlino continuano a capire molto bene chi sono gli avversari e come eliminarli. La crescita del ruolo dell’Italia implicherebbe una sconfitta per la Germania, in quanto Berlino non sarebbe più il solo Paese ad essere aggiunto al Consiglio di Sicurezza. Di qui, non solo le sue mire all’ONU subirebbero uno schiaffo, ma anche la politica all’interno dell’Unione Europea verrebbe modificata. Ecco perché la Merkel ha sbattuto la porta in faccia a Roma.

Quando si parla di Europa, anziché tifare per il candidato ideologicamente più vicino, dovremmo tifare, come italiani, per il candidato più debole.

Il nostro Paese dovrebbe sviluppare una strategia volta a massimizzare la nostra posizione in Europa, prima, e a livello internazionale, dopo, sfruttando minacce, ritorsioni e alleanze tattiche.
Vedremo se la nostra classe dirigente sarà capace di tanto.

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