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mercoledì 4 aprile 2007

Nasce il Comitato laico in difesa della famiglia



Per iniziativa di un gruppo di intellettuali, cattolici, ebrei, musulmani, ma anche non credenti, dalle appartenenze politiche e culturali più varie nasce il Comitato per la difesa laica della famiglia. Giuristi, economisti, rappresentanti della società civile, ma anche storici, giornalisti, sociologi, tutti sono concordi nel difendere la famiglia dagli attacchi ripetuti e molteplici che ne stanno minando le fondamenta, consapevoli che la difesa dell’istituzione familiare, intesa in senso tradizionale, significa difendere la cultura e i valori su cui si è fondata e sviluppata la nostra società occidentale. L'Occidentale pubblica il testo dell'appello pro family. Per aderire, basta scrivere un commento.


Il testo dell'appello


Che paese sarà l’Italia fra trent’anni? Troppi ritengono che questa domanda riguardi soltanto i cattolici. Ma non è così. Essa riguarda tutti. Riguarda tutti il deteriorarsi evidente della società italiana, così come gli esempi sempre più frequenti della nostra clamorosa debolezza nel formare le nuove generazioni. E proprio a nessuno è dato ignorare i drammatici segni di collasso sociale provenienti dai paesi più “civili” del nostro, che in tanti casi ci vengono additati ad esempio di progresso e libertà. A rigore, queste situazioni riguardano proprio coloro che si dichiarano laici e liberali. Poiché se una società libera non riesce a formare nuovi individui in grado di gestire responsabilmente la libertà, il suo livello di autoritarismo sarà fatalmente destinato a crescere.

L’Italia di oggi è figlia dell’Italia degli ultimi quarant’anni: l’Italia del miracolo economico e della modernizzazione tumultuosa; del benessere e del consumismo; della secolarizzazione che, tra l'altro, ha portato con sé il divorzio e l’aborto. Non intendiamo oggi rinnegare quella trasformazione, che ha fatto crescere la libertà personale più di quanto non sia – forse – mai accaduto nella storia del nostro Paese. Dobbiamo però smettere di far finta di non aver pagato nessun prezzo, e, laicamente, aggiornare le nostre convinzioni alle esigenze della nostra epoca. Dobbiamo chiederci se la società italiana non sia già oggi diventata del tutto incapace di educare alla libertà i suoi nuovi cittadini. E, per questo, se un colpo ulteriore a quel poco di struttura sociale che ci è rimasto non significhi mettere in pericolo proprio quella libertà individuale che, nelle intenzioni, si vorrebbe ancor più accrescere.

La famiglia della tradizione occidentale ha rappresentato una prima cellula di organizzazione sociale la cui nascita ha preceduto, e di gran lunga, l’affermazione dello Stato moderno. La sua disciplina e la sua tutela si sono storicamente evolute. Ma sempre essa ha mirato a soddisfare due esigenze imprescindibili: assicurare una procreazione socialmente ordinata, indispensabile per la formazione delle nuove generazioni e per la stessa sopravvivenza dell’umanità; tutelare i soggetti meno protetti, come i figli e il coniuge più debole.

Oggi questa storia e quest’evoluzione sono messe in forse da due fenomeni diversi, ma convergenti nei loro effetti. Da un lato il diffondersi di modelli familiari provenienti da altre culture, nelle quali la dignità della persona non è altrettanto tutelata (l’esempio della condizione della donna nei rapporti poligamici risulta, in tal senso, emblematica); dall’altro la tendenza ideologica, sempre più diffusa, a relativizzare il senso delle conquiste di libertà e civiltà fin qui conseguite, e a completare l’opera di destrutturazione del quadro sociale che le ha rese possibili. Tendenza che proviene dal seno stesso della nostra cultura.

La dignità della persona è così messa in pericolo da nuovi e incalzanti fattori di crisi che hanno per teatro l’intero Occidente: la pressione problematica dei processi d’integrazione; il calo demografico e il conseguente invecchiamento delle nostre società; la preoccupante emersione di fenomeni di contro-modernizzazione. Per contrastare questi fenomeni occorrono la mobilitazione e il risveglio di tutto il nostro patrimonio culturale e del meglio della nostra tradizione. Di quel patrimonio e di quella tradizione, invece, indebolendo la famiglia e i suoi istituti scegliamo di oscurare le fondamenta. Tutto ciò ancor più che sbagliato ci appare delittuoso.

In questo contesto, la legittima ricerca di nuove e più ampie libertà personali, anche nel campo della sessualità, può e deve avvenire allargando la sfera dei diritti individuali. Non è stata però questa la via prescelta dal progetto di legge fin qui denominato “Dico”, concepito in larga misura all’interno di una logica statalistica: una soluzione pasticciata e ibrida, tale da generare un surrogato di famiglia che sul versante delle coppie omosessuali non trova giustificazione, e che su quello delle coppie eterosessuali fa concorrenza alla famiglia fondata sul matrimonio anche soltanto civile, indebolendo piuttosto che rafforzando il contesto sociale nel quale si formano i nuovi individui.

La sopravvivenza della famiglia, dunque, non può riguardare solo i cattolici. Essa spetta a tutti quanti siano consapevoli del contributo che essa ha dato all’allargamento della libertà individuale e alla dignità della persona umana, e di quanto queste conquiste, nel nuovo secolo, appaiano precarie e in pericolo. Noi, credenti e non credenti, riteniamo perciò necessario mobilitarci insieme a difesa della famiglia, di ciò che essa ha rappresentato e continua a rappresentare nonostante le crescenti difficoltà e le inevitabili contraddizioni. Siamo certi che vi siano strade attraverso le quali la libertà della persona possa affermarsi senza negare o contraddire quanto edificato dalle generazioni passate. Siamo altrettanto certi, però, che quelle strade non passino per i “Dico”.

Per queste ragioni ci costituiamo in “comitato per la difesa laica della famiglia” e, per questo, contro i Dico; impegnandoci ad assumere tutte le iniziative utili a evitare che una controversia civile si risolva in un insensato conflitto tra laici e cattolici.

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