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lunedì 25 febbraio 2008

Veltroni : predica Berlusconi...razzola Prodi



Chiunque legga i 12 punti del programma presentato da Veltroni si trova nella irritante condizione di pensare: ma Walter ci è o ci fa? Dice tutto il contrario di quanto ha fatto il governo Prodi, ma chi ha governato con lui? La fata Turchina? Di che partito sono i ministri che ci hanno (s)governato se non del PD? Mi sbaglio o nel PD di innovativo c'è solo il nome del partito?

Veltroni pretende di convincerci che (al contrario di quanto ha fatto il governo Prodi) ridurrà le tasse, che (al contrario di quanto ha fatto il governo Prodi) aumenterà la sicurezza nelle città, che (al contrario di quanto ha fatto il governo Prodi) non farà altri indulti e affermerà la certezza della pena, che (al contrario di quanto ha fatto il governo Prodi) risolverà il problema dei rifiuti di Napoli, farà la TAV, renderà gli italiani felici eccetera eccetera eccetera?

Berlusconi dice: Veltroni copia il nostro programma. Apparentemente è così, tutte le idee più forti sono prese dal programma della CdL del 2006. Ma la differenza profonda e incolmabile tra la proposta politica di Veltroni e quella di Berlusconi sta nella coerenza delle cose che si dicono e nella credibilità di chi le dice: Berlusconi (non per difenderlo) quelle politiche liberiste le ha realizzate quando è stato al governo, Veltroni le ha sempre contrastate con forza, in Parlamento e nelle piazze.

Berlusconi lo si può criticare per tante cose ma il programma con gli italiani lo ha rispettato in larga parte. Le 180 pagine del programma di Prodi e compagnia dove è finito? Nella raccolta carta? O si sono sbagliati anche bidone e il programma è finito nella raccolta indifferenziata?

Elettori non scordatevi una cosa: Si scrive Veltroni ma si legge Prodi: questa è la morale.


Questo modo di fare politica è tutto tranne che nuovo, anzi, sa di vecchio, di ammuffito, di prima repubblica. Non convince e non può convincere. O almeno non dovrebbe: il dubbio è che molti cittadini elettori abbiano ormai perso il gusto e l’olfatto, che basti un po’di televisione e il gioco è fatto, il senso di vecchio è coperto e l’elettore è fregato.

Confidiamo nel fatto che gli italiani non si faranno fregare. Confidiamo negli strumenti di informazione che hanno ancora la dignità di non piegarsi al conformismo culturale di una sinistra intollerante e truffaldina.

sabato 16 febbraio 2008

Emergenza sicurezza : Uno stato che non vuole guardare ( i rom)


Cari lettori, mi dispiace ammetterlo, ma per una volta sto scrivendo un articolo pieno di odio. Non avrei mai voluto scrivere cose così estremiste, ma le domande cercano risposte, i bisogni cercano risoluzioni. Se il garante non fa il suo mestiere (giustizia e sicurezza), vitale per una normale sopravvivenza e alle basi dello stato civile, ogni forma di ribellione è legittima.
Nei mesi scorsi abbiamo assistito a donne stuprate, furti di ogni genere, ragazzi investiti... tutto opera di rumeni (se preferite zingari li chiameremo così). Dette così sembra un classico elenco, normale, di criminalità quotidiana. Invece no! Una violenza sessuale segna il resto della vita di una donna, un furto in casa crea una sorta di ripudio per il luogo che è base della famiglia. A volte negli oggetti di valore attribuiamo un forte ricordo o sentimento. Quindi parlare di criminalità comune è un'ammissione di fallimento. Garantire la sicurezza è compito fondamentale dello stato, è alla base dello stato. L'ultimo decreto sicurezza del governo, non è servito a nulla. Anche se i giornali non ne parlano più, la situazione non è affatto mutata.

Poi, non ci si può lamentare, se gli italiani, a questo punto diventano razzisti, cattivi e feroci – come i rumeni o i gli zingari che delinquono – e invocano leggi più restrittive, anche se c’è un dato oggettivo, che non va dimenticato, e cioè, che paradossalmente è colpa di un Italia buonista e spregiudicata, al tempo stesso, che permette tutto questo. L’Italia dei giudici che cercano tra i cavilli delle leggi, le motivazioni legali – immorali e indegne per un Paese che vorrebbe dirsi civile – per dare il minimo della pena, ed il massimo dei benefici. Ma i giudici si difendono, affermando che applicano la Legge. Possibile che tra le migliaia di leggi, si usino proprio quelle? Non c’è ne sono altre con minore impatto emotivo e sociale? Oppure il garantismo assoluto vale per i carnefici, ma non per le vittime?

Poi, peggio ancora, sono quei sciacalli di imprenditori senza scrupoli, indegni d’essere annoverati nel consesso civile, che a differenza di altri delinquenti stranieri, la delinquenza morale italica, non può essere espulsa, ne dalle menti, né tanto meno dal Paese.

Altre due cose, tra le tante, lasciano annichiliti. La prima il silenzio della politica, e dei grandi media, che a parte qualche tenue presa di distanza, continuano a tacere. Nessuno si è azzardato a condannare pubblicamente i crimini commessi dai rumeni, come ci fosse una sorta di connivenza morale, che non permette una pubblica presa di distanze.

I servizi giornalistici di qualche mese fa, hanno fatto di tutto per farci apparire il rumeno buono, il rumeno che fa attraversare i bambini la strada, la badante – in nero – sempre col sorriso sulla bocca e via discorrendo, e va bene. Fermo restando che questa realtà esiste, e non si può condannare un popolo intero, per colpa di pochi figli di cento padri, o di madri ignote, resta il fatto, che basta guardare le baraccopoli degli zingari sulle periferie delle grandi città, per rendersi conto del degrado, da Paese del Terzo Mondo, che l’Italia sta subendo Roma si sta trasformando – in periferia – in una favelas. Un enorme contenitore di etnie, usi, costumi, lingue e dialetti diversi, di diseredati.

C’è da guardare in faccia alla realtà. Questi zingari, appena arrivano in Italia, passano da nomadi – se lo sono mai stati – a stanziali, iniziando a vivere, non come persone civili, ma come bestie gettando rifiuti dappertutto, copulando come ossessi, per poi mandare i figli a fare gli accattoni sulle strade, rubando, scippando, pestando a sangue, violentando, e ammazzando senza pietà.

Sono anni che la situazione, come un cancro in fase terminale, si degrada sempre di più. Sono anni che i cittadini, denunciano una situazione insostenibile, intollerabile, ma sempre qualche cuore buono apprensivo, che non vive a stretto contatto con le bidonville, gli accampamenti abusivi, che non vive vicino alle discariche a cielo aperto, ed il fetore emanato da questi luoghi barbarici, ma facendo l’intellettuale saputello, denuncia che attaccare gli zingari, significa essere razzisti, grida al fascismo strisciante, appena l’esasperazione esce dal silenzio, e diventa un grido disperato ai microfoni di qualche tv, mentre avere le città piene di briganti, banditi, puttane, borseggiatori – come se non bastassero quelli italiani – è sinonimo di accoglienza, tolleranza, rispetto del diverso, multiculturalità, spirito d’accoglienza, carità comunista italiana, geneticamente diversa dalla vera carità comunista sovietica, che sapeva comportarsi in modo severamente giusto, con questi fulgidi figuri, profumati all’Acqua di Rose.

L’italiano sta diventando razzista?

No semplicemente ha le scatole piene di subire, ha le scatole piene di vedere zingari al Grand Hotel, condannati per omicidio colposo, per aver tirato sotto, ubriachi come somari, quattro ragazzi, e che qualche agente spregiudicato, offre al povero assassino, la possibilità di raggranellare quattro soldi, sulle spalle dei morti.

L’Italiano, non sta diventando razzista, sta solo cercando quella giustizia, che uno Stato assente , non vuole fornire ai cittadini.

Ora ci si indigna per qualche sprangata distribuita a destra e a manca? Ci si indigna perché qualche italiano si sta comportando come uno zingaro, ripagando – alla cieca – con la medesima moneta questi signori, difesi da organizzazioni non governative, che li coccolano come fossero dei discoli disobbedienti, tanto che lo stesso governo Rumeno, da una parte è preoccupato per l’eventuale espulsione degli zingari dall’Italia, e il rimpatrio in Romania, e dall’altra, chiede sicurezza per suoi cari concittadini malfattori e non, vuole, che come un pacco di uova marce scadute, vengano rispediti – a delinquere – nel loro Paese d’origine. Insomma,
la Romania, non li rivuole a casa propria, ma nemmeno è disposta ad accettare, qualche forma di giustizia sommaria italiana.
La Romania, vuole che l’Italia, diventi un immenso campo Rom, una discarica abusiva a cielo aperto, tanto nel bel Paese esiste la libertà di delinquere, e cambiare questo stato di cose, significa attentare alle libertà fondamentali dei criminali, e questo non è accettabile. Prima di tutto i diritti di zingari, taccheggiatori, assassini, stupratori, spacciatori e quanta altra feccia. I diritti dei cittadini, quelli che pagano le tasse, e tacciono, non contano, e non devono contare, ci sono dei diritti superiori da salvaguardare, e bisogna continuare su questa strada, fino all’abisso. Tanto l’Italiano, cornuto e mazzato, dal proprio governo, subisce e tace, e guai ad alzare la testa!

Quello che fa arrabbiare, è il rimpallo di responsabilità, di una classe politica codarda, interessata solo a non farsi disturbare, che gioca senza pietà sulla pelle dei polli – gli italiani – costretti ad avere un governo ed un’opposizione, che invece di fornire soluzioni, preferiscono mandare letteralmente il Paese a puttane.

Gli italiani ne hanno le tasche piene, di rischiare la pelle, dentro e fuori casa, non si sentono tutelati in alcun modo, visto che, di cittadini ammazzati, peggio dei delfini in Giappone, ne sono piene le cronache.

giovedì 14 febbraio 2008

Crisi del sistema democratico italiano

Dopo aver rischiato di cadere in uno stato depressivo dovuto alla sostanziale incapacità dell’italico sistema politico di rinnovarsi adeguandosi alle domande provenienti dagli elettori, assistiamo oggi ad un profondo sommovimento che potrebbe modificare parzialmente il panorama politico italiano. Nel giro di qualche mese potremmo addirittura trovarci di fronte ad un Parlamento nel quale siano assenti, o comunque ridotti in condizioni di non nuocere due grandi famiglie politiche che, in misura, modi e con responsabilità assai diverse, negli ultimi trent’anni hanno paralizzato l’Italia: comunisti e democristiani. Troppa grazia, troppo bello per essere vero.
Ai 15 gruppi (o sottogruppi) parlamentari della camera ed ai 17 del Senato non corrispondono affatto altrettante identità politiche forti irriducibili sotto un’unica bandiera. Sono piuttosto il frutto di meccanismi elettorali e regolamentari che hanno reso conveniente la moltiplicazione delle sigle. E sono il frutto di strategie politiche miopi. Si aggiunga che l’odio per l’avversario e la sua completa delegittimazione hanno reso impraticabile in questi anni ogni tentativo di conferire maggiore autorevolezza e maggiore serenità al confronto politico. In questo periodo i partiti stanno pensando solo alle alleanze, fare i conti, spartire cattedre senza fare alcun riferimento al programma. Mi sbaglio o sarebbe meglio sedersi su un tavolo e decidere il programma da presentare agli elettori. Purtroppo si ragiona così:
-prima le alleanze
- lotte interne nei partiti per giocarsi fino all’ultimo posto da onorevole o interessi da raggiungere;
- infine si elabora un programma basato su slogan che colpiscano gli elettori.

Infondo chi è che legge i programmi? chi è che ha fiducia nei programmi? Gli slogan demagogici, campagne pubblicitarie, marketing politico, sono i metodi migliori allo scopo. Le ideologie non esistono più, persone con valori da quando sono nato non li ho mai conosciute (in politica). La classe politica si giustifica o tenta di giustificarsi come classe di potere facendo ricorso a principi astratti, a dottrine, a credenze generalmente riconosciute e accettate nella società. Siamo liberali, certo, ma nel liberalismo l’individuo deve essere riconosciuto come valore assolutamente preminente. e pertanto un organismo politico è tanto migliore quanto maggiore è il grado di protezione che assicura all’individuo impedendo che possa essere oggetto di sopraffazione da parte di chicchessia. A parlare siamo tutti bravi. Anche i difensori della cristianità, nel privato, scopri essere un’enorme delusione. Comunque vadano le elezioni, qualunque alleanza si venga a formare, una cosa è certa : cambiamenti radicali non ci saranno. Un governo vero e proprio di maggioranza, come affermò Gaetano Mosca, è impossibile, esisteranno sempre delle minoranze politiche di fronte a maggioranze apolitiche. Per questo continueranno a stare mafiosi in politica, leggi fatte su misura, votazioni senza preferenza... meno capiamo, meno partecipiamo, meglio lavorano i gruppi di interesse. Coloro che detengono il potere politico tendono a perpetuarlo nei loro discendenti, instaurando una chiusura dell’accesso al potere. Siamo all’interno di un sistema di sogni e di menzogne che oggi si appella democrazia. La disperazione ci sta portando ad inginocchiarci ad un comico carismatico come Grillo.La mia non è una sfiducia nel sistema irreversibile, non smetterò mai di credere che un ricambio generazionale possa fare qualcosa, anche se, non insegnando ai giovani veri valori, la situazione è dura.

Nicola Santoro (portale delle libertà)

STORIA DEI TRATTATI E POLITICA INTERNAZIONALE DAL 1919 AL 1939

Gli appunti seguono come presentazione quella del testo di Duroselle, e costituiscono solo un mezzo per facilitare il ripasso o una conoscenza riassuntiva; si sconsiglia di preparare l'esame solo su questo materiale.Il libro di testo di storia dei trattati di Duroselle è complicato ma molto valido, per questo, ho pubblicato il riassunto per agevolare il lavoro di studenti o curiosi di passaggio. Nicola Santoro (Portale delle libertà)

SMEMBRAMENTO DELL’AUSTRIA- UNGHERIA
• Frontiera austro-italiana
Lo smembramento dell’Austria-Ungheria si produsse a partire nei mesi di ott/nov 1918. Due fatti essenziali dominano qst evoluzione: gli Alleati cercarono di applicare il principio di nazionalità, ma lo fecero in maniera imperfetta, avvantaggiando nei casi incerti i Paesi che avevano combattuto al loro fianco (Serbia,Romania,Grecia) ed anche i cechi. Ne risultò la formazione di due gruppi di stati: gli stati scontenti delle pace, revisionisti: Austria, Ungheria, Bulgaria; gli stati pressappoco soddisfatti: Cecoslovacchia, Romania, Jugoslavia. Il trattato di Saint-Germain-en-Laye del 10/9/19 regolava le sorti dell’Austria.La frontiera con la svizzera e con la Germania non fù modificata. L’austria cede all’Italia il Trentino e il sud Tirolo (poi Alto adige) e ciò rappresenta un’eccezione al principio di nazionalità dato che è abitata da tedeschi. La scelta fu dettata da esigenze strategiche e militari. L’italia aveva bisogno di possedere territorialmente fino al passo del Brennero per garantire la sicurezza del confine. Sulla base del trattato segreto di Londra 26-4-15, Sonnino, assillato dalla preoccupazione strategica di dominare l’Adriatico, promette all’Italia tutta la Venezia Giulia (regione che comprendeva Istria, Gorizia, parte della carinzia ma senza Fiume, gran parte della provincia della Dalmazia e alcune isole). Il trattato è in contraddizione con il punto 9 di Wilson e l’Italia nel nov del 18 avanza alcune riserve. Inoltre con il pretesto che il trattato era stato firmato in un epoca in cui Montenegro e Croazia sarebbero rimasti indipendenti dalla serbia, quando nel 18 si forma il Regno di serbi-croati-sloveni, l’Italia rivendica pure Fiume. Wilson dichiara che l’Italia non ha alcun diritto su Fiume e propone di lasciare il sud est dell’Istria alla Jugoslavia. Il 12-9-19 D’Annunzio occupa Fiume, prende il potere e fa della città uno stato indipendente, allo scopo di provare il carattere italiano e proporre l’annessione all’Italia. Il 6-3-20 viene deciso di lasciare a Italia e Jugoslavia il compito di regolare da soli il problema. La situazione era favorevole all’Italia grazie alle buone relazioni che il conte Sforza (nuovo ministro degli esteri) intratteneva con Millerand e Lloyd George. Il 12 novembre del 20 il trattato di Rapallo tra L’Italia e jugoslavia fissa la frontiera relativamente a est della linea Wilson. La Dalmazia va a vantaggio della jugoslavia e in minima parte all’Italia( che rinuncia solo alla Dalmazia, eccetto Zara e 4 isole che erano importanti strategicamente per controllare la costa dalmata. L’indipendenza della città di Fiume era riconosciuta dalle due parti. Gli jugoslavi erano ostili al tratto diktat di rapallo, che smembrava la Slovenia. Una grande potenza aveva imposto la sua volontà a una piccola.
• SMEMBRAMENTO DELL’AUSTRIA A NORD
Boemia, Moravia e la slesia austriaca confluiscono nella nuova repubblica Cecoslovacca, proclamata a Praga nell’ottobre del 18.
• SMEMBRAMENTO A EST E SUD-EST
L’Austria cede la Bucovina alla Romania. La Galizia viene affidata alle potenze alleate e associate, A sud-est cede alla Jugoslavia le popolazioni abitate da sloveni, Dalmazia, Bosnia e Erzegovina.

ANSCHLUSS
L’Austria, così come era stata disegnata dalla fine della prima guerra mondiale, nn poteva sopravvivere dal punto di vista economico e sociale. L’Austria era un “corpo di cui era rimasto in piedi solo la testa”, Vienna era una città sproporzionata dove vivevano ¼ di austriaci. Il parlamento austriaco dice: abbiamo perso la guerra, abbiamo perso molti territori e così come ci hanno disegnato non è possibile vivere e in nome del principio di nazionalità vogliamo diventare una provincia delle Germania. Si apre il problema dell’Anschluss, della volontà di unirsi, dell’unione austro-tedesca. Tra il 18 e il 19 si votano degli ordini del giorno e ci sono dei plebisciti. Ma gli alleati si oppongono a questa soluzione: la Francia avrebbe visto ingrandirsi la Germania e qst era impensabile. L’Italia si sarebbe trovata al confine un grande paese tedesco di 60/70 milioni di abitanti, voleva l’Austria come paese cuscinetto. L’art. 80 del trattato di Versailles e l’art. 88 del trattato di Saint-Germain-en-Laye del 10/9/19 prevedono il divieto di Anschluss (anche se non esplicitamente: prevedono il divieto di alienare la propria sovranità senza il consenso del consiglio della società delle nazioni). Il Protocollo di Ginevra del 22 stabilisce l’impegno per l’Austria di non tentare l’Anschluss in cambio di aiuti finanziari di Francia, Italia, GB e USA. Così non viene visto più come un diktat ma un principio politico accettato anche da Vienna. L’Austria si rimette in movimento ma negli anni 30 arriva la crisi economica. Conseguenza della crisi è il tentativo di unione doganale di Austria e Germania. Il 3 marzo del 31 si fa un progetto, una bozza di accordo, ma ce la reazione di Francia e Italia, le quali temevano che fosse solo un primo passo verso l’unificazione politica ( come accadde nel 800 tra gli stati della germania). L’Italia fa ricorso alla Corte permanente dell’Aja nell’estate del 31 ma intanto il progetto viene ritirato a causa di difficoltà finanziarie austriache e tedesche. Mussolini era preoccupato del fatto che la Germania potesse espandersi a sud e già 25 si pensa ad una alleanza italo-francese, purchè la Francia riconosca i diritti italiani in campo coloniale ma quest’ultima oltre a dei contentini non fa abbastanza per permettere che l’alleanza avvenga. La questione si riaprì con l’avvento al potere di Hitler che considerava l’Austria come parte della comunità tedesca, sosteneva il partito nazista austriaco, e l’ Anschluss era uno degli scopo della sua politica. Il cancelliere austriaco Dollfuss fu assassinato il 25 luglio 1934 dai nazisti austriaci ma il colpo di stato fallì per molte ragioni, tra le quali le pesanti reazioni delle potenze occidentali e soprattutto dell’Italia che inviò due divisioni di alpini alla frontiera del Brennero e fu l’unica ad aver preso misure militari per evitare l’ Anschluss. Il prolungamento della guerra civile spagnola servì come pretesto per Hitler a tener occupata l’Italia in modo da non poter intervenire contro l’ Anschluss
L’11 luglio del 36 fu firmato un accordo austro-tedesco in base al quale:
1) La Germania riconosceva la piena sovranità dell’Austria;
2) la Germania e l’Austria si impegnavano a non intervenire nei rispettivi affari interni;
3) la politica austriaca nei confronti del Reich avrebbe tenuto conto del fatto che l’Austria era uno Stato tedesco.
Questo accordo rappresentava per la Germania una importante vittoria diplomatica. Il 6 novembre del 37 Ribbentrop si intrattenne con Mussolini sul problema austriaco, e quest’incontro segnò una profonda evoluzione nell’atteggiamento italiano. Il Duce afferma che l’Austria è un paese tedesco di razza, di lingua, e di cultura. La questione austriaca non deve venire considerata come un problema tra l’Italia e la Germania, ma invece come un problema di ordine internazionale. Non vuole far più la sentinella dell’indipendenza austriaca, specialmente se gli austriaci non la vogliono. Inoltre l’interesse italiano non è più così vivo come lo era alcuni anni fa e ciò anche per lo sviluppo imperiale dell’Italia, che ha fatto convergere i propri interessi nel mediterraneo. Per evitare crisi internazionali, il Duce si contenta di consigliare di lasciare agli eventi il loro naturale sviluppo. In caso di crisi in Austria, l’Italia non agirà. Così, l’Italia ammetteva praticamente l’Anschluss.
Nel gennaio del 38, dopo la scoperta di un complotto tedesco, detto <>, il governo austriaco si preoccupò. Il Fuhrer convocò il cancelliere austriaco Schuschnigg dove fu violentemente attaccato e minacciato e indotto a nominare come ministro degli interni il nazista Seyss-Inquart. Per scongiurare il pericolo, Schuschnigg decise di indire un plebiscito sull’annessione; Hitler temeva il risultato e fu indotto a passare alle minacce esplicite: il plebiscito fu annullato; Schuschnigg si dimise e al suo posto andò Seyss-Inquart il quale , il 12 marzo 38 fece appello alle truppe tedesche che varcarono la frontiera. Il 13 marzo una legge austriaca e una tedesca consacrarono l’unione tra i due paesi. Le reazioni delle potenze furono pressoché nulle: l’Inghilterra consigliò all’Austria di non reagire e la Francia si limitò ad una protesta del suo ambasciatore. Mussolini non rispose alle richieste d’aiuto austriache.

NUOVE FRONTIRE DELLA GERMANIA


La sorte della Germania fu regolata dal Trattato di Versailles del giugno del 1919, un minuzioso e complesso documento che regolava unilateralmente il problema delle frontiere e delle garanzie di ogni tipo che furono prese contro la germania da parte delle potenze vincitrici. Per stabilire i nuovi confini fu adottato il “PRINCIPIO DI NAZIONALITA’ ” , secondo cui ogni popolo aveva diritto di disporre di se stesso. Ad Ovest la Germania perse l’Alsazia e la Lorena, restituite alla Francia nel novembre del 18, addirittura prima dell’entrata in vigore del trattato (gennaio 1920), senza che gli abitanti potessero approvare o rifiutare l’annessione allo stato francese. La Francia avanzò pretese sulle miniere del SAAR nel marzo 19: un mese dopo fu deciso che le miniere sarebbero passate sotto la proprietà francese per 15 anni, durante i quali la zona sarebbe stata amministrata da una commissione della Società delle Nazioni, composta da 5 membri; dopo 15 anni gli abitanti avrebbero deciso con un plebiscito se unire la Saar alla Francia, alla Germania o restare sotto il protettorato internazionale. Molti furono gli scontri tra i lavoratori tedeschi e l’esercito francese. la Germania perse 2 cantoni di tedeschi al confine con il Belgio, il quale avanzò anche altre pretese territoriali che furono respinte dagli alleati. i tedeschi persero anche il nord dello Schleswig, che passo alla Danimarca con un referendum popolare che mantenne il sud alla Germania. Più importanti furono le modifiche che subì ad est (dove non fu rispettato il principi di nazionalità), con la perdida della Posnania e di una parte della Prussia occidentale. Gli alleati decisero di far rinascere la Polonia, concedendo al nuovo stato uno sbocco al mare con un porto. La SDN spartisce l’Alta Slesia concedendo 2/3 alla germania (Nord e ovest), e il resto alla Polonia (il sud).
In conclusione la Germania perde 1/7 del suo territorio e 1/10 della sua popolazione. Le perdite ad est, in particolare, erano mal giustificate dal principio di nazionalità e rispondevano soprattutto a considerazioni economiche.

PLEBISCITO DELLA SAAR
Il problema principale da risolvere tra la Francia e Ger era quello della SAAR. Hitler aveva perfino dichiarato che questa era l’unica questione in sospeso tra i 2 paesi. Verso il 1930 si credeva che quasi tutta la totalità dei Sarresi avrebbe votato in favore del ricongiungimento con la Germania. Ma l’avvento del nazionalsocialismo in Germania turbò molti spiriti. Il 72% della popolazione sarrese era cattolica e molto colpita dalle notizie di persecuzioni che avvenivano in Ger. Il partito nazista si sviluppava nella Saar con tutte le organizzazioni paramilitari e una polizia segreta. Alle elezioni i nazisti ottennero solo 2 seggi su 30. Sotto l’influenza del partito nazista du crato un Deutsche Front che assorbì molti partiti e tanti cattolici. Per il plebiscito restavano 2 soluzioni: - il ricongiungimento alla Germania o il mantenimento dello Status quo, cioè l’amministrazione del governo nominata dalla SDN. Hitler con i soldi del governo tedesco finanziò una formidabile propaganda. Nel 34 la SDN costituì un comitato per controllare il plebiscito. Venne firmato un accordo franco-tedesco che garantiva che nessuno dei 2 paesi avrebbe esercitato una pressione diretta o indiretta sui votanti. Salito al governo Laval, egli non sapeva nulla della Saar ed era sicuro di un risultato favorevole alla Germania e quindi assumò un atteggiamento di rinuncia. Fu firmato un accordo franco-tedesco di carattere finanziario, che prevedeva il pagamento da parte della Germania di 900 milioni di franchi per tutti i crediti e le proprietà francesi sulle miniere. Il plebiscito ebbe luogo il 13 gennaio e il 90% dei sarresi aveva optato per la Germania nazista. La SDN decise che la 1 marzo la SAAR sarebbe ritornata alla Germania.
• GARANZIE CONTRO LA GERMANIA (DISARMO)
Per prevenire una ripresa della potenza tedesca , gli alleati stabilirono una serie di garanzie militari e politiche.
Francia e Belgio ritenevano essenziale garantire la sicurezza dal punto di vista militare e politico contro un eventuale ripresa della germania. La GB puntava all’eliminazione della flotta tedesca e il trattato limita la marina a un certo numero di guardacoste e proibisce i sottomarini. Lloyd George riesce a far adottare la sua soluzione: esercito limitato a 96.000 uomini e 4.000 ufficiali, Scuole militari e Stato Maggiore vengono soppressi. Vengono proibiti artiglieria pesante, i carri armati, aviazione.La flotta avrebbe dovuto consegnarsi agli alleati(ma le navi da guerra si autoaffondarono nel 1919, prima dell’entrata in vigore del trattato). Viene proibita la fabbricazione di materiale da guerra. Per garantire l’esecuzione delle clausole militari del trattato viene creata una “commissione di controllo interalleata”. Il disarmo tedesco era considerato come il preludio di un disarmo generale.
• SMILITARIZZAZIONE DELLA RENANIA
Su proposta di Wilson viene smilitarizzata la riva sinistra del Reno e una zona di 50 km sulla riva destra. Nella zona smilitarizzata non possono esserci fortificazioni, forze armate e manovre militari.Viene divisa in tre parti,nord con la città di Colonia, centro con Coblenza, sud con Magonza, occupate da Francia, GB, USA. Wilson e Lloyd George accettarono un’occupazione temporanea di 15 anni della riva sinistra del Reno. L’evacuazione sarebbe avvenuta di 5 anni in 5 anni.L’occupazione sarebbe stata sospesa se non si fosse avuto con certezza il rischio di aggressione. Se la Germania fosse venuta in seguito meno ai suoi obblighi si sarebbe potuto rioccupare (art 429). Le spese erano a carico della Germania.
• GARANZIE POLITICHE
Lloyd George e Wilson propongono a Clemenceau, in cambio delle rivendicazioni sulla riva destra del Reno, dei trattati di garanzia Franco-Inglese e Franco-americano, che furono annessi al Trattato di Versaiilles e firmati il 28 giugno. Prevedevano un aiuto immediato di Inghilterra e Usa in caso di aggressione non provocata della Germania contro le frontiere francesi e belghe. La clausola più grave era la solidarietà esistente tra i 2 trattati: se uno di essi non fosse stato ratificato, l’altro non avrebbe mai avuto effetto. Il Senato americano rifiutò di approvare l’insieme del trattato di Versailles ed il trattato di garanzia decade. Dal 1920 si assiste ai primi scontri tra la politica inglese e quella francese. La sola alleanza che la Francia ottenne contro la Germania fu con il Belgio: ACCORDO MILITARE SEGRETO TRA I 2 PAESI completato da uno scambio di lettere. L’accordo militare era difensivo e doveva funzionare in caso di aggressione militare non provocata.

• RIPARAZIONI
L’art 231 del trattato di Versailles afferma: “La Germania riconosce che essa è responsabile, per averli causati, di tutti i danni subiti dai governi alleati e associati e dai loro abitanti, in seguito alla guerra, che è stata loro imposta dalla sua aggressione”. L’art stabilisce le responsabilità della Germania, che doveva pagare i danni causati nella 1GM. Non c’è un negoziato ma si fa la sommatoria dei danni causati a Francia, GB... E’ una cifra enorme, stabilita sommando le massime cifre richieste dai vincitoriSecondo alcuni questo articolo stabiliva una responsabilità finanziaria di diritto civile, dando una base di diritto alla riparazione dei danni subiti.
CLAUSOLE DEL TRATTATO DI VERSAILLES
Posto il principio, gli Alleati non fissarono immediatamente l’ammontare delle riparazioni e optarono per una soluzione di attesa, cosa che avrebbe reso difficile la ripresa economica della Germania.
1) La Germania avrebbe pagato 20 miliardi di marchi-oro prima del 1 maggio 21, di cui 2/5 al belgio.
2) Si sarebbe creata una <> incaricata di sorvegliare la riscossione dei 20 miliardi e definire entro il 1-5-21 l’ammontare reale dei danni di guerra, nei quali erano state incluse, su richiesta della GB, le pensioni militari. La commissione doveva comporsi di 5 membri: GB, Francia, USA,Italia e, secondo i casi, Belgio, Giappone, Jugoslavia, Gli USA non ratificarono e si limitarono a mandare delegati ufficiosi. Lloyd George accettò allora che, in caso di parità di voti, quello del presidente francese fosse prevalente. La Commissione non aveva potere coercitivo sulla Germania.
La Commissione delle riparazioni valutò in 150 miliardi di marchi-oro i danni subiti, poi abbassati a 132 miliardi sotto la pressione del delegato inglese. Alla Germania fu indirizzato un vero e proprio ultimatum per obbligarla ad accettare il piano. Gli Alleati puntavano ad occupare la Ruhr. Il governo tedesco diede le dimissioni e il nuovo ministero si rassegnò ad accettare lo stato dei pagamenti. Durante l’estate del 21 la Germania pagò regolarmente i suoi debiti ma approfittando delle divisioni degli Alleati resisteva alle loro pretese chiedendo una moratoria. L’Inghilterra era preoccupata per l’equilibrio europeo, sapeva che l’economia tedesca serviva per l’interesse economico dell’Europa e quindi era disposta ad andare incontro alle esigenze tedesche. La Francia, come al solito, continuava a preoccuparsi per la sua sicurezza e preferiva un’applicazione rigorosa di tutte le garanzie militari previste dal trattato e il pagamento integrale delle riparazioni. Lloyd George propone un piano per risolvere la questione:
1) Garantire alla Francia la sicurezza e l’integrità del suo territorio;
2) Accantonare la cifra di riparazione tedesca e inserire una più agevole;
3) organizzare una conferenza con la quale porre delle basi comuni per rilanciare l’economia europea, facendo partecipare anche i paesi sconfitti ed amarginati.
La Francia vuole sapere dalla GB nello specifico in cosa consistevano le garanzie militari. Gli inglesi considerano eccessive le richieste francesi e c’è una rottura. La Conferenza di Genova che si convocò dal 16 aprile al 19 maggio del 22 non ebbe effetti positivi a causa di mancanza di idee unitarie. Rimane aperto il problema francese. L’unico successo fu il ravvicinamento della Germania alla Russia.La conferenza ebbe tuttavia un risultato imprevisto. Il 16 aprile del 22 Cicerin e Rathenau si incontrarono vicino Genova, a Rapallo, e firmarono un accordo. I due paesi rinunciavano simultaneamente ai debiti di guerra ed alle riparazioni per danni militari. La Germania rinunciava a rivendicare le ex imprese tedesche in Russia nazionalizzate dai Soviet. Furono ristabilite le relazioni diplomatiche e consolari e i due governi decisero di applicare nei loro rapporti commerciali ed economici il principio della nazione più favorita. La Germania era il primo paese occidentale a ristabilire relazioni diplomatiche con l’Urss. Il trattato rappresentò la fine dell’isolamento sovietico sul piano economico e politico. I russi cercarono di beneficiare dell’appoggio tecnico degli ingegneri tedeschi per la fabbricazione di armi; i tedeschi raggirarono il trattato di Versailles sperimentando in Russia armi proibite e addestrando del personale ad utilizzarle. Vennero sperimentate gas da combattimento e fu organizzata una collaborazione tra gli stati Maggiori. Questi accordi ebbero fine con l’avvento di Hitler al potere. Il trattato di Rapallo sbalordì gli Alleati e, il 18 aprile, essi indirizzarono alla Germania una nota accusandola di aver così rotto le intese di Cannes e si riservarono il diritto di considerare come non avvenute le clausole di Rapallo. La conferenza di Cannes e di Genova aveva lasciato aperto il problema delle riparazioni.
STRESEMANN E LA QUESTIONE DELLA RUHR
Nel luglio del 22 il cancelliere Wirth chiese una moratoria dei pagamenti, a causa dell’inflazione galoppante del marco. All’assenso di lloyd George seguì quello di Poincarè, a condizione che le miniere della ruhr fossero date in pegno agli alleati. Inizia così la politica del pegno produttivo. L’Inghilterra si oppose a questo sistema, esigendo dalla Francia il pagamento dei debiti diguerra, cosa che i francesi erano disposti a fare solo dopo aver ricevuto le indennità tedesche. La mortoria fu dunque negata. Altro motivo di attrito franco-inglese fu la ritirata francese dalla zona di Costantinopoli, che lasciava gli inglesi soli contro le truppe di Kemal. Nel novembre 1921 lloyd george fu sostituito da Law ma la politica non mutò. Poincarè era deciso ad occupare la ruhr alla prima inadempienza tedesca nei pagamenti, appoggiato nella Commissione per le riparazioni dai belgi e dagli italiani. Grazie a questi appoggi, alla conferenza di parigi nel gennaio del 23 fu decisa l’occupazione militare della ruhr. Il governo tedesco protestò immediatamente e ordinò ai lavoratori dalla ruhr di praticare una resistenza passiva, continuando ad essere stipendiati dal governo. I francesi oltre ad occupare, sono costretti a mandare operai dal Belgio e dalla Francia ma ciò comportò che i costi erano superiori ai ricavi e i rapporti fra gli stati peggioravano. La germania non poteva mantenere gli operai in sciopero per molto e inoltre molti di loro tornarono a lavorare per paura di essere rimpiazzati dai francesi. Cambiò governo e Strasemann dovette affrontare 2 tentativi rivoluzionari tra cui si aggiunge le pressione dei separatisti renani. Strasemann riaprì il diaologo con la Francia sulla qst delle riparazioni. Poincarè accettò la proposta americana di istituire una commissione di esperti per valutare il problema delle riparazioni. La commissione fu presieduta dal banchiere Dawes il quale presentò il suo piano nell’aprile del 24 che consisteva in un accordo valevole per 5 anni, durante i quali la Germania avrebbe dovuto pagare rate annuali crescenti da 1 miliardo a 2,5 miliardi di marchi oro( cifra notevolmente inferiore rispetto ai 132 miliardi). Nella conferenza di Londra del luglio 1924, si discusse sull’adozione del piano e sull’evacuazione della Ruhr; grazie anche alla mediazione di MacDonald si decise una evacuazione scaglionata in un anno, tranne la città di Colonia (occupata in virtù del Trattato di Versailles) che doveva essere liberata subito. Questi accordi furono rigettati dagli alleati quando l’ispezione degli armamenti tedeschi rivelò la presenza di armi proibite nel trattato di Versailles, perciò la Ruhr fu liberata nell’agosto 1925 e la zona di Colonia, in seguito ai patti di Locarno, solo nel gennaio 26.
TRATTATI DI LOCARNO
La conferenza ebbe luogo a Locarno dal 5 al 16 ottobre 1925. Vi presero parte Briand, Chamberlain, Stresemann, Vandrevelde e Mussolini. Si stipulò una serie di trattati. Il + importante fu quello che stabiliva il mutuo rispetto dell frontiere franco-tedesca e belgo-tedesca con la garanzia dell’Inghilterra e dell’Italia. L’art.2 specificava che se la germania avesse invaso la zona smilitarizzata, si sarebbe potuto ricorrere alle armi contro di essa. A qst trattato principale erano annesse delle convenzioni di arbitrato tra la Germania da una parte, la Francia, il Belgio, la Polonia e la Cecoslovacchia dall’altra. Un trattato di alleanza franco-polacco ed un trattato franco-cecoslovacco completavano l’insieme degli accordi. La Francia sperava in qst modo di aprire le porte a trattative sulle frontiere orientali della Germania. Chamberlain dichiarò che l’Inghilterra si riservava la propria libertà d’azione nel caso in cui fosse scoppiato un conflitto nell’Est dell’Europa, ma che sarebbe intervenuta sicuramente se il conflitto fosse scoppiato ad Ovest.

IL SISTEMA DEI MANDATI
Nella riunione di Londra tra esperti americani ed inglesi del novembre 1918 si definirono i modi per privare la Germania delle sue colonie e spartirle tra i paesi vincitori senza procedere ad annessioni dirette. A tal fine fu usato il sistema dei mandati in cui la SDN conferiva alcuni mandati a paesi successori della Germania per amministrare temporaneamente alcuni territori ( poiché giuridicamente non si trattava di annessioni, l’Italia non poté chiedere alcun territorio promesso) . I mandati si dividevano in tre categorie:
tipo A)paesi dell’Impero ottomano, che dovevano scegliere una potenza tutrice la quale li avrebbe condotti alla piena indipendenza;
tipo B) paesi dell’Africa, ritenuti incapaci di autoamministrarsi, sarebbero stati divisi tra le potenze mandatarie;
tipo C) paesi del Sud Ovest dell’Africa e alcune isole del Pacifico, governati direttamente dalle potenze mandatarie con le proprie leggi.
La maggior parte dei mandati B e C furono assegnati nel maggio del 19 dal Consiglio Supremo; la delegazione italiana er assente (protesta per il programma di Wilson) e non partecipò alla divisione poiché, secondo Balfour, il Patto di Londra non prevedeva il sistema dei mandati. La Francia ottenne il Togo, l’Inghilterra ebbe il Camerun e la totalità dell’Africa Orientale tedesca, l’Australia ottenne le isole tdesche del pacifico a su dell’equatore, quelle al nord andarono al Giappone. Più delicata fu la questione degli ex possedimenti tedeschi in Cina. Da principio gli USA, che appoggiavano la Cina, dovettero cedere, ma la questione fu in parte risolta solo nella conferenza di Washington del 22.


SICUREZZA COLLETTIVA ED IL PROTOCOLLO DI GINEVRA

La SdN comincio ad acquistare una effettiva rilevanza politica internazionale quando, in conseguenza dei rapporti franco-tedeschi, si poneva all’attenzione degli stati il problema della sicurezza collettiva, legata soprattutto al disarmo. Fin dalla prima assemblea del 1920 era stata costituita una “Commissione permanente per le questioni militari”, con la quale si affermava che per avviare il disarmo generale, tutti gli stati dovevano poter accedere ad un accordo difensivo di mutua assistenza tra tutti gli stati membri. Dopo vari progetti falliti, nella riunione del 24 fu discusso il progetto presentato dal ministro degli esteri cecoslovacco Banes e conosciuto come il PROTOCOLLO DI GINEVRA. Il protocollo affermava che ogni controversia intern sarebbe stata giudicata sia dalla Corte di Giustizia internazionale e sia da un arbitrato intern. Se uno stato si fosse rifiutato di accettare l’arbitrato o le sue decisioni, sarebbe incorso in sanzioni economiche e militari e, con il voto di 2/3 degli stati facenti parte del Consiglio, tutti i membri sarebbero stati costretti ad imporre le sanzioni decise dal Consiglio. Nella successiva sessione del 25, il nuovo premier inglese Chamberlain criticò fortemente il protocollo: egli non considerava efficaci le sanzioni economiche e la mutua assistenza avrebbecomportato, data l’estensione dell’impero, l’intervento inglese troppo spesso. Con l’opposizione dei Dominions ( che non volevano partecipare agli affari europei) e degli Stati Uniti ( che non volevano interferenze europee in America Latina) il progetto fallì definitivamente.

POLITICA ESTERA ITALIANA:

• FIUME
Sulla base del trattato segreto di Londra gli italiani rivendicavano l’Istria, la Carinzia ed una parte della Dalmazia, ma non Fiume, che fu rivendicata in seguito dal primo ministro Orlando. le rivendicazioni jugoslave riguardavano gli stessi territori ed erano in parte sostenute da Wilson, il quale rivolse un appello diretto al popolo italiano per l’abbandono delle rivendicazioni su Fiume senza consultare il nostro governo, provocando l’abbandono temporaneo della Conferenza di pace da parte di Orlando e Sonnino. Durante la loro assenza, nel maggio 1919, le potenze si divisero le ex colonie tedesche; al nostro paese non fu assegnata alcuna colonia poiché fu adoperato il sistema dei mandati che non era previsto nel trattato di Londra. L’Italia riuscì solo ad ottenere delle piccole rettifiche al confine libico-tunisino (2 oasi) e a quello libico-egiziano (un oasi); l’Inghilterra concesse anche il Giulia in cambio di alcuni diritti italiani sullo Zanzibar. Il malcontento per la questione coloniale continuò fino alla campagna etiopica condotta da Mussolini. Tornando alla questione fiumana, alla conferenza di pace fu in seguito deciso su proposta italiana che la questione sarebbe stata direttamente risolta tra le parti in causa, l’Italia e la Jugoslavia, cosa che avvenne con il trattato di Rapallo del novembre 1920. Per la pressione congiunta di Francia e Inghilterra e per la caduta elettorale di Wilson, la Jugoslavia dovette accettare un trattato molto svantaggioso, in cui l’Italia otteneva tutto tranne parte della Dalmazia e la città di Fiume, che fu riconosciuta “stato indipendente” (l’occupazione della città da parte di D’Annunzio durò dal settembre 1919 al dicembre 1920, dopo la firma del patto). Le elezioni del parlamento di Fiume si tennero nel 1921 ed i nazionalisti bruciarono le urne, successivamente nel marzo del 22, gruppi fascisti organizzarono con successo un colpo di stato nella città. con l’avvento al potere di Mussolini (ottobre 22) la politica italiana si fa sempre più aggressiva, finchè nel 23, rifiutato un arbitrato, egli invia a Fiume un amministratore italiano. La Jugoslavia non può far altro che accettare il fatto compiuto, in quanto una richiesta di aiuto da parte della Francia non ebbe mai esito. Nel gennaio del 24 fu firmato il patto di Roma con la quale fu riconosciuta la potestà italiana su Fiume.
I BALCANI (ALBANIA)
L’Italia aveva delle mire sull’Albania per contrastare la neo potenza jugoslava che si andava formando di fronte alle sue coste. Si giunse ad un patto segreto con la Grecia (accordo TITTONI-VENIZELOS,luglio 19), con il quale l’Italia annetteva Valona e otteneva il mandato sull’Albania con il sostegno greco, la Grecia era sostenuta dall’Italia nelle sue rivendicazioni sulla Tracia e sull’Epiro. Ma qualche mese dopo i greci resero pubblico l’accordi, scatenando proteste in Jugoslavia ed un’insurrezione anti-italiana a Valona. L’accordo fu così denunciato dal nostro governo, che in seguito cercò di intrattenere rapporti di amicizia con l’Albania in mancanza di protettorato. Con l’avvento di Mussolini i rapporti tra Italia e Albania si rafforzaronom grazie anche al patto di amicizia e di sicurezza firmato nel 1926 con il re Zogu, il quale aveva tradito l’apoggio che gli era stato dato dagli jugoslavi per impadronirsi del potere. Con questo patto l’Italia riconosceva l’integrità territoriale dell’Albania, i 2 stati si impegnavano a sottoporsi ad arbitrato e a non pregiudicare con accordi gli interessi dell’altra parte. Questo trattato peggiorò i rapporti con la Jugoslavia (che aveva a sua volta stipulato una alleanza di amicizia con la Francia) al punto che nel 27 furono interrotte le relazioni diplomatiche e non fu rinnovato il patto di amicizia e di collaborazione firmato a Roma nel 24. Successivamente Mussolini siglò con Zogu un vero e proprio trattato di alleanza militare, facendo entrare definitivamente l’Albania nella sfera di influenza italiana. Imitando i metodi di Hitler, Mussolini intrappolato da una politica di rivendicazioni territoriali e temendo mire tedesche sulla Croazia ordinò il 7 aprile 1939 l’invasione dell’Albania. Il re Zog fuggì, lo stato finìsotto protettorato italiano e si ebbe l’unione delle 2 corone; la Germania era preventivamente avvisata e l’intesa tra i 2 dittatori aumentava.

Il patto BRIAND-KELLOG
Briand propose al governo americano la firma di un patto che avrebbe sancito l’abbandono della guerra come risoluzione dei conflitti tra i due paesi; gli americani accettarono a condizione di allargarlo a tutti gli stati, mentre la Francia ottenne che la firma del patto non avrebbe annullato gli obblighi di Locarno (intervento armato in caso di invasione tedesca), della appartenenza alla SdN (intervento contro uno stato inadempiente), che non sarebbe entrato in vigore se non con una accettazione universale, che non sarebbe stato escluso per gli Stati il diritto di legittima difesa.
Una volta accettate queste condizioni, 15potenze lo firmarono (tra cui Germania) a Parigi il 27 agosto 1928. Il <> si componeva di un preambolo e 2 articoli principali. L’art. 1 condanna il ricorso alla guerra come risoluzione dei conflitti internazionali e l’art 2 impegna le parti contraenti alla ricerca di mezzi pacifici nelle situazioni di conflitto.
La Russia vi aderì dopo aver firmato un patto simile con i suoi vicini (Polonia, Estonia, Lituania, Lettonia, Turchia e Romania) detto accordo di mosca o protocollo Litvinov del 9 feb 1929.
IL PIANO YOUNG (: le riparazioni e l’evacuazione della Renania)
Durante la firma del patto STRESEMAN, BRIAND E POINCARE’ discussero circa i 2 problemi ancora pendenti tra Germania e Francia: le riparazioni e l’evacuazione della Renania, occupata alla fine del conflitto. Poincarè voleva unire le 2 qst, cosicchè anche la Francia avrebbe potuto pagare i suoi debiti di guerra a USA e GB. Nell’agosto del 29 una conferenza franco-anglo-tedesca tenutasi all’Aja decise che l’evacuazione della renania sarebbe stata completata nel luglio 1930. La questione delle riparazioni era invece più complessa: il pano Dawes aveva valenza per 5 anni, fino al 1929 ( da qui la preoccupazione di Poincarè), la Germania aveva pagato regolarmente quasi 10 miliardi di marchi-oro in valuta e merci prodotte. In giugno si era riunita una commissione sotto la presidenza dell’americano Young, la quale presentò un progetto di pagamento in 36 annualità crescenti da 1,5 a 2,5 miliardi di marchi oro (la scadenza era nel 1988), pagati dalla Germania direttamente in moneta straniera per riacquistare la sua autonomia finanziaria; le consegne in natura sarebbero state eliminate nel giro di 10 anni; inoltre la commissione per le riparazioni sarebbe stata soppressa. In Francia il piano Young fu approvato il 7 giugno 1929, contemporaneamente con l’approvazione del pagamento dei debiti di guerra agli Usa.
Conferenza di Losanna e la fine delle riparazioni
I pagamenti internazional che la Germania doveva effettuare rischiavano di compromettere la stabilità finanziaria. L’ampiezza della crisi del 29 rendeva impossibile l’applicazione del Piano Young. La GB e l’Italia volevano la soppressione delle riparazioni e quindi i francesi si trovarono isolati. Decisero di convocare una conferenza internazionale a Losanna che si svolse dal 16 giugno al 9 luglio. Herriot riteneva necessario rassegnarsi all’abbandono delle riparazioni, ma voleva che fosse proclamato il rispetto degli impegni internazionali. La conferenza decise che la Germania avrebbe pagato ancora un saldo di3 miliardi di Reichsmark e qualche prestazione in natura, ma che dopo di questo sarebbe stata liberata da altre riparazioni. La banca dei regolamenti internazionali avrebbe continuato ad esistere. La Gb, l’Italia e le altre potenze pagarono il loro debito, la Francia non lo fece per l’opposizione del parlamento e Herriot rassegnò le dimissioni. Gli USA non accettarono il pagamento simbolico della Gb e degli altri paesi e con una decisione del Congresso vi fu un rimborso totale. Tutti i paesi smisero allora di pagare i debiti.
IL PROGETTO DI BRIAND DI UNIONE EUROPEA
Briand guardava con simpatia i movimenti assai diversi che tendevano alla creazione degli “Stati Uniti d’Europa”. Il 5 settembre 1929, in occasione della decima Assemblea della SDN, Briand pronunciò un grande discorso nel quale, in termini assai vaghi, auspicava una sorte di federazione europea. Si sarebbe dovuto cominciare con legami economici, in ragione della crisi incombente, ma che si sarebbero potuti in seguito stabilire legami politici senza intaccare la sovranità di nessuna nazione, cosa che diminuiva singolarmente la portata della sua dichiarazione. Stresemann approvò calorosamente Briand. Il 1 maggio 1930 Briand inviò un memorandum ai paesi europei. Prebedeva l’estensione a tutti gli Stati del regime di sicurezza creato dal patto di Locarno. Nel sistema europeo prevedeva organismi indipendenti ricalcati su quelli della SDN:
1) Una conferenza europea 2) Un organo esecutivo, il comitato politico permanente 3) un servizio di segretariato.
Briand restò molto vago sull’organizzazione economica, continuava a parlare del mantenimento della sovranità politica per ciascun stato. Solo la Jugoslavia e la Bulgaria aderirono senza riserve al progetto di Briand. Le altre mossero critiche nette. La Germania temeva uno stabilizzarsi delle sue frontiere. L’Italia accettava il principio della cooperazione europea, non quello dell’unità europea. Desiderava inoltre introdurre Stati nonmembri della SDN, l’Urss e la Turchia. La GB preoccupata di sviluppare la sua collaborazione con i Dominios, si opponeva alla creazione di organismi europei particolari. Nella discussione del Libro Bianco contenente il memorandum (8 sett 1930) era evidente il contrasto con la GB che parlava di collaborazione e non di federazione. Anche la costituzione di una << Commissione di studio per l’UE>> non portò a nulla e la questione restò là. Per Briand fu un insuccesso che si combinava con lo sviluppo di una campagna ostile diretta contro di lui in Francia. Nel 31 alla presidenza della Repubblica fu eletto Doumer.
LA CONFERENZA DI WASHIGNTON
Gli Usa erano governati dal 1921 dal presidente Harding, il quale decise di convocare una conferenza per la discussione del disarmo (in particolare di quello navale) e della situazione in Estremo Oriente e nel Pacifico. Alla CONFERENZA DI WASHIGNTON del novembre del 1921 parteciparono Francia, Gb, IT, Giappone,Cina, Belgio, Olanda e Portogallo; essa si protrasse fino al febbraio del 22. Si discusse solo del disarmo navale (la Francia non accettava limitazioni sull’armamento terrestre) e da subito si creò una forte coalizione anglo-americana che riuscì ad imporre determinate quote di navi civili e militari agli altri paesi. Il trattato delle 5 potenze fu firmato il 6 febbraio 1922. Esso stabiliva la parità tra la flotta militare americana e quella inglese (che doveva abbandonare il principio del “two powers standard”), e riduceva le aspirazioni al riarmo navale francese; per le flotte civili erano stabilite le seguenti quote: 5 USA e GB, 3 Giappone, 1,75 Italia e Francia. La Francia ottenne un unico successo nel mantenere libera la costruzione di sottomarini e delle unità minori; il Giappone fu spinto ad accettare dalla clausola che stabiliva il mantenimento dello status quo nelle fortificazioni delle isole nel Pacifico e anche perchè gli USA potevano schierare nel Pacifico solo un 2,5 della flotta, mentre il Giappone aveva una quota di 3. Per quanto concerne l’Estremo Oriente fu firmato il trattato delle quattro potenze sul Pacifico il 13 dicembre 1921 in cui Francia, Inghilterra, Usa e Giappone stipulavano un trattato di garanzia sui possedimenti nel Pacifico, stabilendo regole di non aggressione e risoluzione pacifica delle controversie.



HITLER E IL FALLIMENTO DELLE CONFERENZA SUL DISARMO

IL PATTO A QUATTRO
Con l’avvento di Hitler al potere, Mussolini auspicava un accordo tra le 4 potenze europee per assicurare la pace sul vecchio continente, in realtà egli intendeva questo patto d’intesa come mezzo per arrivare pacificamente alla revisione dei confini di Versailles, tramite accordi sanciti dalla SDN. Il Duce sottopose il suo progetto a Francia, Germania ed Inghilterra: Von Papen dichiarò l’dea “geniale”, il governo britannico assunse una posizione di attesa mentre la Francia propose delle modifiche al progetto italiano. L’accordo fu cmq siglato a Roma il 7 giugno 1933, ma in esso vi erano tutte le limitazioni imposte dai francesi: non si parlava più di uguaglianza delle Germania e di affrontare una politica europea comune, inoltre le potenze avrebbero dovuto rispettare le decisioni del Consiglio della SDN,senza fare da sole. Tuttavia, le intenzioni di Mussolini erano erano così diverse che il Patto non fu ratificato e sembrarono perdute le speranze di una revisione pacifica dei trattati.
FALLIMENTO DEI PIANI SUL DISARMO
Per quanto riguarda lo spinoso problema del disarmo, il Trattato di Versailles prevedeva un disarmo generale, che doveva essere preceduto da quello tedesco. A tal scopo si riunì a Ginevra il 9 feb 1932 la “CONFERENZA SUL DISARMO”, che riuniva 62 paesi riuniti in una Commissione generale con i delegati di tutti gli Stati. Vi furono diversi progetti presentati da varie nazioni:
A) il “PIANO TARDIEU” (delegato francese) partiva dalle neccessità francese di non disarmare e proponeva di mettere le armi più pesanti sotto l’egida dell’ONU e a favore degli stati attaccati. La Germania chiese la riduzione di tutti gli armamenti a livelli fissati dal trattato di Versailles per l’esercito tedesco. Non si giunse a nessun accordo,
B) Il “PIANO HOOVER” prevedeva riduzioni di 1/3 di esercito e marina e l’eliminazione completa dell’artiglieria pesante e dei carri armati.Sarebbero stati soprressi tutti gli aerei da bombardamento. Francia e Inghilterra rifiutarono perchè preoccupati per le clausole navali e si approvò un compromesso elaborato da Banes (inviato cecoslovacco) che invitava ad una riduzione degli armamenti mondiali senza fissare nè proporzioni nè cifre. Con il pretesto che non le era stata concessa l’uguaglianza, la Germania abbandonò la conferenza e rifitò la proposta. per sanare il contrasto si riunì a Ginevra una conferenza a 5 ( ita, GB,Usa,FR,Ger) che, garantisca la sicurezza di tutte le nazioni (settembre 32).
C) il PIANO MacDONALD (marzo 33) fissava a 200.000 uomini gli eserciti dei paesi europei, Hitler accettò il ma un discorso delgi Ebrei di Slesia alla SDN impressionò molto le democrazie occidentali; queste decisero di stabilire il controllo degli armamenti in Germania prima di iniziare il disarmo dei loro eserciti. Per questo voltafaccia Hitler decise a sorpresa di abbandonare a sorpresa la Conferenza sul disarmo il 14 ottobre 33. Pochi giorni dopo la Germania abbandonò la SDN; il popolo tedesco approvò con un plebiscito queste decisioni.
D) il PIANO TEDESCO prevedeva un esercito metropolitano di 300.000 uomini per entrambi i paesi, se la Germania tornava a Ginevra. La Germania rifiutò di tornare alla Conferenza e alla SDN, protestando anche per la disparità degli eserciti data dalle truppe coloniali francesi
Per evitare la rottura l’Inghilterra tentò una mediazione tra il piano MacDonald e quello tedesco che fu accettato da Hitler.; tuttavia la Francia pubblicò una nota in cui si rifiutava di legalizzare il riarmo tedesco e affermava che avrebbe garantito la difesa dello stato con i propri mezzi. Fu la rottura. Questa si ritorse contro la Francia che agli occhi degli anglosassoni ne aveva la responsabilità. Mussolini propose di impedire il riarmo delle Germania con una guerra preventiva ma la sua proposta non fu considerata dagli imperi occidentali. Fu la rottura definitiva e nel 34 la Germania iniziò il suo riarmo.
RIARMO TEDESCO
Il 1934 fu per la Germania l’anno del riarmo. Hitler non possedeva ancora lo strumento militare della sua politica. Ma si sforzava di smembrare il sistema delle alleanze francesi, mentre metteva alla prova le intenzioni dell’Italia e delle democrazie occidentali.
PATTO TEDESCO-POLACCO
Il 26 gennaio 1934 vi fu una dichiarazione di non aggressione tra G e P valido per 10 anni. La preparazione del trattato fu tenuta segreta. Nel 33 Beck propose segretamente alla Francia un intervento preventivo contro l’hitlerismo, dato che rifiutò, si volse verso la Germania e le propose la firma di un accordo.I 2 paesi rinunciavano all’impiego della forza nei loro reciproci rapporti.Questi sarebbero stati completamente pacifici e basati su pricipi del patto Briand-Kellog. Inoltre i 2 governi si sarebbero consultati nei loro reciproci rapporti. Il segreto era necessario perchè l’opinione pubblica polacca era molto fedele alla loro amicizia con la Francia. Infatti questo patto non era in sè diretto contro la Francia ma era un passo non amichevole nei riguardi della sua alleata.
L’INVASIONE DELL’ETIOPIA E L’AVVICINAMENTO ITALO-TEDESCO
A proposito dell’Italia con le sue terre africane bisogna dire che Mussolini ereditò una patata bollente dai governi precedenti: a fine 800 il governo acquista delle terre sulle coste somale ed eritree dall’impero ottomano al fine di ottenere nuove terre e nuovi posti di lavoro in cui dirigere la forte emigrazione che partiva soprattutto dal mezzogiorno meno sviluppato. Le terre acquistate, però si rivelarono di scarso valore e si pensa ad una conquista ai danni del popolo abissino: gli abissini erano una civiltà più sviluppata rispetto alle altre popolazioni africane. La battaglia di Adua pone tragicamente fine alla campagna militare organizzata cn troppa sufficienza. Nei primi del 900 si decide di rinunciare all’Africa Orientale e si organizza la spedizione in Libia che è conquistata con una guerra contro l’Impero Ottomano nel 1912. Durante la guerra mondiale si comincia a parlare della conquista dell’Etiopia. Francia ed Inghilterra si opposero a queste richieste non pattuite facendo contro offerte, considerando anche le rivendicazioni su Fiume (che non avevamo chiesto prima della guerra e non figura negli Accordi di Londra). Fu allora che gli oppositori del governo iniziarono la campagna della vittoria mutilata, una grande strumentalizzazione orchestrata soprattutto da Nitti (che poi riusci a farsi eleggere presidente del consiglio nel 22) e dal senatore Titoni.
Dunque è il governo Mussolini ad ereditare queste aspirazioni di conquista in africa:
in un primo momento egli cerca di avere una penetrazione economica nella zona, stipulando nel 28 degli accordi che prevedevano la costruzione della ferrovia Giubuti-Addis Abeba e di una strada che avrebbe messo in comunicazione l’altopiano etiopico di 2000metri con le pianure a sud; questi accordi di cooperazione tecnica non furono mai resi operativi dagli etiopici. Mussolini tentò allora la carta diplomatica cercando di ottenere da Francia ed Inghilterra l’assenso alla costruzione di una ferrovia nella zona sud pianeggiante dell’Etiopia per unire Eritrea e Somalia senza ottenere grandi risultati. La situazione cambio nel 34. I 2 paesi avevano stipulato nel 28 un trattato di conciliazione e di arbitrato ma nel34 vi fu un incidente a UAL UAL in cui furono uccisi 30 indigeni dell’esercito italiano. Mussolini prima rifiutò l’arbitrato poi preoccupato del ricorso etiopico alla SDN, lo accettò; l’arbitrato fallì e iniziarono preparativi militari italiani in Eritrea, con truppe irregolari appartenenti alle camicie nere, cosicchè l’Etiopia fece un ulteriore ricorso, il giorno prima dell’annuncio di Hitler al riarmo tedesco. La Francia non aveva interessi in quella zona e con gli accordi di Roma del gennaio del 35 Laval dette a Mussolini il via libera in Etiopia, mentre l’Inghilterra, che vedeva come una minaccia alla via delle indie e ai suoi possedimenti in Africa, moltiplicò gli avvertimenti a Mussolini, Durante tutto il 35 vi furono dei negoziati e Mussolini rifiutò tutte le proposte. A questo punto gli inglesi tentarono delle minacce, concentrando gran parte della flotta britannica a Gibilterra ed Alessandria, nonostante essi non desiderassero una una guerra in cui avrebbero agito da soli; la situazione cambiò quando da un sondaggio sull’opinione pubblica inglese il governo il governo comprese la volontà di pace della nazione (peace ballot) e Laval propose agli inglesi delle conversazioni militari in cambio di un allentamento della tensione etiopica. Mussolini sfrutto qst situazione , richiamò le camicie nere e iniziò delle vere operazioni militari in Etiopia il 3 ottobre 1935, ma ancora con l’intenzione di annettere solo la zona sud. La SDN reagì subito adottando delle sanzioni finanziarie ed economiche, ma solo l’embargo sulle armi e il divieto di alcune esportazioni (tra le quali non furono inserite quelle dei prodotti utili alla guerra). Un tentativo estremo per fermare Mussolini fu tentato a dicembre, quando fu presentato un piano anglo-francese (piano Laval-Hoare) che consegnava all’Italia i 2/3 dell’Etiopia e le garantiva un controllo sul restante territorio, concedendo più terre di quante gli italiani avessero desiderato.Il piano fallì per proteste dell’opinione pubblica inglese e tedesca (Hitler fece una grossa campagna per farlo fallire). Mussolini, irritato per il fallimento, denunciò gli accordi di Roma e quelli di Stresa. L’esercito fu incrementato e nel 36 passò ad una vera e propria guerra. L’Inghilterra tentò un embargo sui prodotti petroliferi ma gli Usa potevano fornire senza problemi l’Italia, e le sanzioni furono un fallimento. La vittoria arrivò tre mesi dopo,il 7 marzo 36, mentre l’interesse internazionale era rivolto alla denuncia della Germania agli accordi di Locarno, Mussolini potè negoziare con l’Etiopia senza alcuna limitazione. Per aumentare il peso politico dell’Italia, Mussolini cercò appoggi in Germania, sperando in un addolcimento dell’Inghilterra sull’Etiopia ed in effetti il piano riuscì perfettamente; tuttavia con questa scelta l’Italia abbandonava il tavolo dei vincitori e con la denuncia degli accordi di Stresa passava direttamente nel campodei paesi revisionisti.

RIOCCUPAZIONE DELLA RENANIA
La qst della renania si riaccese proprio nel marzo del 36, quando la camera francese ratificò il trattato franco-sovietico. Hitler non aspettava altro: IL 7 MARZO denunciò il trattato di Locarno e comunicò agli ambasciatori dei paesi interessati che i distaccamenti tedeschi (30.000 uomini) sarebbero penetrati in Renania. Il governo francese si trovava a sei settimane dalle elezioni, i militari temevano che la Wehrmacht fosse superiore all’esercito difensivo francese e auspicavano un intervento inglese fortificando ulteriormente la linea Maginot; in questa situazione l’attegiamento del governo fu quello della rinuncia come auspicato da Hitler, nonostante l’appoggio militare offerto subito da URSS e dalla Polonia (quest’ultimo subito ritirato). Si ebbe una garanzia reciproca delle frontiere tra Francia, Belgio e Inghilterra, non una vera alleanza. L’unica reazione fu quella di sottoporre la questione alla SDN e alla corte internazionale di giustizia dell’AJA, ma Hitler rifiutò le proposte e presentò un piano di Pace che sviluppava un memorandum tedesco contro il patto franco-sovietico e prevedeva dei patti di non aggressione e il ritorno della Germania nella SDN. La Francia rifiutò e fece una controproposta ugualmente rifiutata da Hitler, ponendo fine alle trattative; nei primi di maggio le elezioni francesi diedero la vittoria al Fronte Popolare della sinistra e presero il sopravvento le questioni interne. Il colpo di forza tedesco, come quello italiano, era perfettamente riuscito.
CRISI CECOSLOVACCA
Il secondo obiettivo di Hitler era la cecoslovacchia. In questo paese, nella regione dei Sudeti, vivevano + di 3 milioni di tedeschi in buona armonia con i cechi ed era una zona fortemente industrializzata e militarizzata. Dopo l’Anschlss la situazione dei Sudeti cominciò ad essere più tesa e nell’aprile del 38 il partito di Heinlen fece approvare un programma in cui si chiedeva alla cecoslovacchia la costituzione di un governo autonomo nella zona dei Sudeti e la libertà ad aderire al regime nazista. Francia e Inghilterra sostenevano una politica di appeasement e consigliarono ai cechi di intraprendere trattative dirette con il partito di Henein. L’Inghilterra fece capire ai francesi che sarebbe intervenuta solo in caso di aggressione tedesca alla Francia e non per salvare la cecoslovacchia. A causa di preparativi militari in Germania il governo ceco si rassegnò a soddisfare quasi tutte le richieste di Henlein. Hitler nel settembre del 38 con il discorso di Norimberga entrò ufficialmente nel conflitto attacando violentemente il governo ceco e disse che la Germania si sarebbe incaricata di riparare ai torti che i tedeschi subivano nei Sudeti; il giorno dopo Henlein ruppe le trattative con il governo e chiese pubblicamente l’annessione al Reich. Il 21 settembre il governo ceco accettò un piano anglo-francese per cui le regioni abitate dal 50 % da tedeschi sarebbero state annesse al Reich. Hitler definì il piano inaccettabile, anche i cittadini ungheresi e polacchi dovevano essere vendicati contro i soprusi del governo ceco; il 27 fece sapere che avrebbe decretato la mobilitazione per il giorno dopo.
CONFERENZA DI MONACO Chamberlain invitò Hitler e Mussolini a partecipare ad una conferenza sulla questione ceca con i capi di stato francese ed inglese a Monaco. La conferenza di Monaco si tenne il 29 settembre del 38 e vi parteciparono Hitler con Von Ribbentrop, Mussolini e Ciano, Chamberlain e Deladier assistito da Poncet. Dopo 12 ore di trattative furono accettate tutte le richieste di Hitler mentre Francia ed Inghilterra garantivano con un accordo le frontiere dello stato cecoslovacco; la zona dei Sudeti passava alla Germania ed entro 10 giorni i cechi avrebbero dovuto andarsene, negli altri territori indicati da una Commissione Internazionale abitati da tedeschi si sarebbe operato un plebiscito. La Conferenza di Monaco, se da una parte aveva temporaneamente salvato la pace in Europa, dall’altro aveva distrutto il sistema delle alleanze della Francia, che ha perduto gran parte del suo prestigio abbandonando un paese con cui era alleata.
IL PATTO D’ACCIAIO
Prima di procedere ad un ulteriore attacco, Hitler voleva assicurare l’alleanza con l’Italia, firmando una vera e propria alleanza militare. Il 22 maggio del 39 fu firmato da Ciano e Von ribbentrop il PATTO D’ACCIAIO, un trattato offensivo che legava le 2 potenze ad un intervento militare immediato nel caso in cui una delle 2 potenze si fosse trovata in azioni belliche, anche di attacco. Mussolini credeva che la Germani volesse ritardare l’attacco almeno fino al 43 ma Hitler fece capire a Ciano che le ostilità sarebbero cominciate quello stesso anno; successivamente fu concluso un accordo circa il Tirolo meridionale e le popolazioni tedesche dovevano decidere tra l’emigrazione in Germania e la cittadinanza italiana, la Germania ottenne in cambio una zona franca nel porto di Trieste.

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