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venerdì 7 dicembre 2007

L'Iran impicca i gay anche senza bomba atomica

Il mondo discute sulle rivelazioni e le analisi dei servizi segreti americani, secondo le quali l'Iran avrebbe sospeso dal 2003 le sue ricerche sul nucleare militare. L'ampio versante anti-americano festeggia come se il regime di Ahmadinejad si fosse improvvisamente trasformato in un paese pacifico e inoffensivo a cui magari offrire le proprie scuse.
C'è chi si rallegra vedendo in questo un effetto della politica dura e di sanzioni dell'amministrazione Bush e magari chiede di aprire una fase di dialogo; chi invece considera questa novità come un indebolimento della posizione americana nei confronti del regime degli ayatollah e chi ancora nutre seri dubbi sul lavoro dei servizi segreti e preferisce sospendere il giudizio.

A tutti i partecipanti a questo serrato dibattito geopolitico è forse sfuggita la connessione con una notizia che viene dall'Iran negli stessi giorni.

Si tratta dell'impiccagione del giovane Makwan Muluzdzadeh, di appena vent'anni, accusato di aver avuto rapporti omosessuali sei anni prima con ragazzini della sua stessa età. Dopo un anno di prigione Makwan è stato frettolosamente impiccato in nome di una confessione estorta sotto tortura. Già al momento dell'arresto la polizia lo aveva ammanettato e portato a dorso d'asino, esposto al dileggio di tutto il paese, fino al commissariato.

A nulla sono valsi gli sforzi degli avvocati e le pressioni della comunità internazionale: in un paese dove - come dice Ahmadinejad - gli omosessuali non esistono, Makwan doveva scomparire. Come lui, dall'estate scorsa, sono morti altri 23 ragazzi. Altri vengono impiccati per traffico di droga

La presidenza portoghese dell’Unione Europea nel settembre 2007 ha espresso “grande preoccupazione per la notizia dell’imminente esecuzione in Iran di Behnam Zare, condannato a morte dal tribunale di Shiraz per un crimine commesso quando era ancora minorenne”. La Ue ha richiamato la Repubblica Islamica dell’Iran al rispetto dei propri impegni internazionali, in particolare del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici e della Convenzione sui Diritti del Fanciullo, che proibiscono l’esecuzione di minorenni o di persone condannate per crimini commessi da minorenni.
La Ue chiese alla Repubblica Islamica dell’Iran il rispetto del Diritto Internazionale e di fermare l’esecuzione di Zare e di tutti gli altri minori, prendendo in considerazione per loro condanne alternative.
La Ue chiese inoltre alla Repubblica Islamica dell’Iran, alla vigilia del mese di Ramadan, di annunciare una sospensione temporanea di tutte le esecuzioni per avviare una revisione urgente della posizione internazionale della Repubblica Islamica dell’Iran e per ribadire gli obblighi internazionali della Magistratura iraniana”.

L'Ue, per un'altra volta, si ostina a fare dichiarazioni morali per dimostrare che si impegna nella conservazione dei diritti fondamentali ma nel concreto non fa niente di risolutivo.

Forse l'Iran non ha ancora l'atomica pronta all'uso, ma un paese che uccide con simile furia e determinazione i suoi cittadini in nome di un ambiguo concetto di purezza e di morale, è un pericolo evidente.

Come nel caso di Saddam Hussein in Iraq, l'arma di distruzione di massa iraniana è da tempo già all'opera contro il suo stesso popolo, e il suo alone di odio e violenza si proietta ogni giorno più lontano.

Il problema allora non è tanto se la bomba atomica iraniana sia ferma o in produzione, il problema è l'Iran e la natura di un regime con il gusto di uccidere.

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