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domenica 28 ottobre 2007

Si può aiutare la Birmania?


Dopo l'iniziale concitazione mondiale, l'attenzione dei media sulla Birmania si è progressivamente affievolita. Ma giornali e televisioni hanno un'attenuante: da quando la repressione è stata sedata, con i monaci nelle prigioni o nuovamente rinchiusi nei monasteri, ben poche notizie di rilievo sono filtrate dalla Birmania. E alle Nazioni Unite, dove si gioca la partita delle sanzioni, continua lo stallo totale: la Cina, come ha recentemente ribadito, è contraria a qualsiasi misura punitiva contro il regime militare di Than Shwe.

Il regime birmano, comunque, sa bene di dover concedere qualcosa: perlomeno in apparenza, come ha fatto con la leader dell'opposizione. I movimenti del governo continuano ad essere monitorati dall'Onu: stando alle ultime notizie, Gambari dovrebbe fare ritorno nel paese nella prima settimana di novembre. Dopo di lui, sbarcherà a Rangoon anche Sergio Pinheiro, relatore delle Nazioni Unite per i diritti umani. Ma da quando ha lasciato la Birmania, dopo la sua prima visita, l'ex ministro degli Esteri nigeriano non è certo stato con le mani in mano: Gambari si trova tuttora in giro per i paesi asiatici, a caccia di sostegno per misure più efficaci contro la dittatura birmana.

Unici paesi a continuare imperterriti sulla via delle sanzioni sono Stati Uniti e Australia. Il presidente americano, George W. Bush, ha annunciato la scorsa settimana un ulteriore inasprimento delle misure, richiamando poi all'ordine Cina e Russia. Sul fronte australiano, invece, la Reserve Bank of Australia (RBA) ha deciso mercoledì di imporre sanzioni fiscali contro 418 generali militari e le loro famiglie: ogni movimento monetario dovrà ora essere approvato dalla banca stessa.

Infine, la repressione. Dopo giorni di relativa calma, in molti hanno segnalato ieri un deciso incremento delle forze di polizia per le strade: il timore è che, terminata la quaresima buddista, i monaci decidano di riprendere la protesta. Un giornalista della Reuters, al quale è stato impedito di scattare fotografie, ha parlato di assembramenti militari intorno alle pagode di Sule e Shwedagon, epicentro delle proteste di agosto e settembre. Rotoli di filo spinato sono già pronti per chiudere eventualmente le strade. Ma accuse ben più inquietanti sono recentemente piovute sulla giunta. Se "Human Rights Watch" richiama l'attenzione sulle condizioni disperate in cui si trovano le minoranze etniche birmane e gli attivisti denunciano imperterriti gli arresti indiscriminati, l'Onu ha invece lanciato ufficialmente l'allarme fame: cinque milioni di persone non hanno abbastanza cibo per sopravvivere.

E mentre il governo arruola finti monaci che si dimostrino benevolenti nei confronti del governo e dei suoi omaggi, il quotidiano inglese "Independent" ha citato una fonte diplomatica britannica sotto anonimato secondo la quale la Birmania è ormai "terra di prigionia", con raid notturni, processi sommari e veri e propri "campi di nuova vita", molto simili ai "centri di rieducazione" istituiti da Pol Pot in Cambogia. Secondo il funzionario britannico, altre proteste sulla scia di quelle di settembre sono improbabili anche se la popolazione "è determinata a dare prova della sua resistenza".

Gli ultimi numeri della repressione, forniti da Tate Naing della Assistance Association of Political Prisoners , parlano di oltre 4000 arresti da parte della giunta (tra monaci, attivisti e persone comuni) da quando la repressione ha preso il via; almeno 700 persone sarebbero ancora dietro le sbarre. Secondo il governo birmano, invece, la maggior parte degli arrestati sarebbe già in libertà e solo 190 persone sarebbero ancora sotto custodia.

sabato 20 ottobre 2007

Islamizzazione silente

Due settimane fa Abdelmajid Zergout, è tornato a guidare le preghiere della comunità mussulmana di Varese. A maggio, dopo esser stato riconosciuto appartenere al gruppo radicale islamico combattente marocchino, Zergout era stato prosciolto dalla Prima Corte d'Assise di Milano per una serie di vizi formali. Sottoposto a provvedimento urgente d'espulsione, sulla base del decreto Pisanu, era rimasto in libertà grazie al ricorso presentato dal suo legale rappresentante avanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo. L'imam, accusato di associazione a delinquere finalizzata al terrorismo internazionale (come peraltro sottolineato dalla stessa sentenza delle Corte «mostra una chiara adesione alla ideologia islamica fondamentalista, raccoglie denaro per la causa comune, ed esalta la lotta all'infedele attraverso il jihad ») è, dunque, nuovamente libero di predicare odio e intolleranza sul suolo italiano, sfruttando la democrazia occidentale per far apologia di terrorismo.

Il ministro degli Interni, che pure avrebbe avuto la facoltà di espellere il terrorista (coinvolto a vario titolo nella strage di Madrid) ha mostrato, allora, un chiaro atteggiamento di negligenza e d'indifferenza, tendente quasi a sottrarre gravità alla questione fondamentalista-islamica. Insomma, il governo ha disatteso alla principale responsabilità che imporrebbe «di predisporre un piano capace di contrastare razionalmente la strisciante avanzata integralista sui diversi fronti di battaglia», condannando i cittadini alla paura.

Il forte relativismo culturale delle sinistre ha, ormai, prodotto l'abbattimento dei limes fisico-culturali contribuendo ad agevolare un graduale ed inesorabile sgombero di ideali, innestato in virtù di un progetto disomogeneo di pluralismo ed integrazione, privando radicalmente gli stessi cittadini della capacità di far valere il più basilare diritto alla sicurezza, condannandoli, insomma, a subire il disegno integralista dell'Ummah globale. Dunque, l'inerzia della politica italiana sta favorendo, nei fatti, la dilagante offensiva islamista: l'esecutivo tende ancora a sottovalutare la forte componete anticristiana ed antioccidentale di cui si compone la propaganda fondamentalista, auspicando, all'inverso, un ingenuo tentativo di dialogo fra popoli e culture, impossibile sintesi tra valori europei ed il mondo arabo.

Il paradosso è più che evidente: ad agosto il Cesis aveva rilevato la formazione di una cintura ultrafondamentalista in tutto il Nord Italia «con la tendenza a realizzare un coordinamento nazionale e transnazionale». Un dato preoccupante che s'aggrava ancor più se messo in relazione alla straordinaria crescita del numero dei luoghi di culto islamici in Italia: dai 696 del dicembre 2006 ai 735 censiti lo scorso maggio 2007. Eppure, la reticenza delle istituzioni potrebbe, un giorno, mettere in pericolo le nostre stesse libertà fondamentali, condannandoci a divenire dissidenti o clandestini nel nostro stesso Paese.

articolo di Alexandra Javarone - 20 ottobre 2007. Ragionpolitica.it

Birmania abbandonata !

L'inviato dell'Onu Gambari è partito per un giro turistico di sei nazioni (Thailandia, Malesia, Indonesia, Giappone, India e Cina) "per promuovere una soluzione pacifica della crisi". Le autorità birmane lo hanno invitato a tornare nel paese a metà novembre, lui spera di fare un po' prima. Con calma, mi raccomando. Sempre Gambari ha definito "extremely disturbing" le notizie che si erano diffuse circa l'arresto di alcuni dissidenti e ha chiesto alla Giunta di porre fine a queste azioni. Immediatamente. Ha chiesto anche il rilascio della leader del partito di opposizione, Aung San Suu Kyi. Aung San Suu Kyi è ancora agli arresti domiciliari e per quanto riguarda la repressione...

L'11 ottobre il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha adottato una dichiarazione in cui deplorava la repressione di fine settembre. La Giunta ha fatto sapere, tramite stampa, che la cosa non gli causa nessuna preoccupazione, visto che la situazione in Birmania non rappresenta una minaccia per la pace e la sicurezza regionale o internazionale e quindi l'Onu non ha ragione di avviare alcuna iniziativa contro di loro. I ministri degli Esteri dell'Unione Europea si sono riuniti il 15 ottobre, bontà loro, e hanno deciso di porre l'embargo sull'importazione di legname, pietre preziose e metalli preziosi dalla Birmania. Peccato che si siano scordati del gas e del petrolio. La Total ringrazia.



Noi, la società civile, ci siamo commossi davanti alla Tv, ci siamo indignati perché nessuno faceva niente, ci siamo addobbati con nastrini e magliette rosse per un giorno e poi siamo tornati a pensare ai fatti nostri. Si parla di Veltroni, della famiglia reale inglese, di moda, di Prodi, i reggicalze della Brambilla... Tutto come da copione.Intanto, dietro la cortina calata sulla protesta dei monaci e della popolazione birmana, le repressioni continuano, gli arresti continuano, le torture continuano, le deportazioni ai campi di lavoro continuano. Sicuramente almeno fino a metà novembre, quando tornerà Gambari e troverà un paese mite e pacificato.
Fate girare questa notizia o altre che parlino della Birmania. Non permettete ai nostri mezzi di comunicazione di farci vedere, stupire...e dimenticare. Continuate a diffondere.

visitate http://www.irrawaddy.org/

venerdì 19 ottobre 2007

Dimmi che cerchi su Google e ti dirò chi sei...


La parola “Viagra” risulta la più ricercata in assoluto in Italia...certo, siamo considerati i latin lovers per eccellenza? La classifica delle parole più ricercate dal 2004 ad oggi, rintracciabile sul sito “Google Trends”, afferma anche un'altra verità: la proibizione porta al peccato, come è vero che Adamo ed Eva, con a disposizione tutto quel ben di Dio (e proprio il caso di dirlo) furono fatalmente attirati dall'unica cosa che gli venne interdetta, una succosa mela rossa penzolante dall'albero della conoscenza.

Infatti, guarda caso, la parola “sesso” risulta essere la più cercata in Egitto, India e Turchia, paesi in cui l'amore carnale risulta essere ancora un tabù e chi lo pratica (fuori dal matrimonio), viene definito peccatore.

Ancora, vi sorprendereste di sapere che la parola “Hitler” viene digitata più spesso dai tedeschi e gli austriaci? No di certo. Anche se parliamo di “Jihad”, le aspettative vengono confermate in pieno: Indovinate dov'è che Google dichiara il maggior numero di contatti con questa parola...Marocco, Indonesia e Pakistan, tutti paesi a maggioranza musulmana.

Cambiando l'ordine degli addendi il risultato non cambia, come recita una delle poche formule semplici di matematica. Infatti, dov'è che si beve più birra in assoluto? Bravi: Inghilterra e Irlanda e quale può essere allora la parola chiave più gettonata a Dublino e Londra? “Hangover”, che significa reggere l'alcol, naturalmente.

Un altro esempio, gli utenti argentini di Google optano più spesso per la parola “Burrito”, cosa che a questo punto ci si poteva aspettare, no? comunque molto più rassicurante di “Nazismo” o “Jihad”. Vediamo che cosa cercano gli iracheni dai...salta fuori “United States”, strano, eh? Strano anche che “AIEA” (L'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica) sia la parola più ricercata in Iran. Ecco di seguito la classifica completa in ordine di apparizione nel motore di ricerca più famoso del mondo e rigorosamente in inglese.

“Jihad” - Morocco, Indonesia, Pakistan

“Terrorism” - Pakistan, Philippines, Australia

“Hangover” - Ireland, United Kingdom, United States

“Burrito” - United States, Argentina, Canada

“Iraq” - United States, Australia, Canada

“Taliban” - Pakistan, Australia, Canada

“Tom Cruise” - Canada, United States, Australia

“Britney Spears” - Mexico, Venezuela, Canada

“Homosexual” - Philippines, Chile, Venezuela

“Love” - Philippines, Australia, United States

“Botox” - Australia, United States, United Kingdom

“Viagra” - Italy, United Kingdom, Germany

“David Beckham” - Venezuela, United Kingdom, Mexico

“Kate Moss” - Ireland, United Kingdom, Sweden

“Dolly Buster” - Czech Republic, Austria, Slovakia

“Car bomb” - Australia, United States, Canada

“Marijuana” - Canada, United States, Australia

“IAEA” - Austria, Pakistan, Iran

lunedì 8 ottobre 2007

Immigrazione : PROBLEMA e RISOLUZIONE


Difficile parlare di extracomunitari senza essere attaccato dalle solite critiche giustificazioniste. Nessuno può negare che non se ne può più! Ci stanno invadendo e, parafrasando un vecchio slogan leghista sono diventati "padroni a casa nostra" grazie anche ai nostri governanti che se li coccolano e gli fanno pure le leggi a favore. Si parla in questi giorni di prostituzione minorile e non, maschile e femminile, clonazione di carte di credito, furti in appartamenti, di auto e motorini, violenze sessuali e tutti i crimini comuni. Nella capitale il 75,5 % dei crimini sono commessi da rumeni. Dichiara Adriana Spera, capogruppo al Comune di Roma del Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea: "Una 'integrazione ragionevole', che persegua sostanzialmente alcuni importanti obiettivi: l'integrita' ed i diritti della persona, l'integrazione, la pacifica convivenza, che portino ad una convivenza sociale nella quale nessun gruppo percepisca l'altro come una minaccia" . Basta con questi discorsi scontati e che non danno risposte concrete ad un paese che, ora come mai, il tema della sicurezza è diventato all’ordine del giorno. La gente non si fa più scrupoli ad ammettere che ha paura. La paura quando diventa insostenibile genera in ribellione, se non trova risoluzioni in violenza, in questo caso anche in razzismo. La storia ne fa carta. In Slovenia dilaga la rivolta razzista anti-rom. Scenari inquietanti per un Paese che nella prima metà del 2008 presiderà l'UE. Per sensibilizzare l'opinione pubblica su questo problema, in novembre scorso ha avuto luogo una marcia, che partendo da Lubiana, ha toccato anche Trieste e Monfalcone. Ad Ambrus c'è stato sabato scorso il primo caso di violenza, con in prima fila la testa insanguinata di un contestatario locale che assieme ad altre centinaia di compaesani bloccava le strade impedendo alla polizia l'accesso all'insediamento rom. Ogni ipotesi di insediamento dei rom, in qualsiasi parte del paese, persino a Lubiana, porta in strada le cosiddette "vaške straže" la cui simbologia politica rievoca direttamente il collaborazionismo filonazista nella seconda guerra mondiale.

Quando si sono aperte le frontiere dell’UE a Bulgaria e Romania nel 2007, gli stati già membri come Austria, Inghilterra e Germania, diligentemente hanno provveduto subito a respingere l’attacco, limitandone gli ingressi in base al fabbisogno del mercato.
Il nostro governo come al solito, dalla mafia agli extracomunitari, sembra in letargo ogni volta che si presenta un’emergenza.
Ora è tardi per affrontare il problema ma, in un modo o nell’altro, va attenuato. Fa strano sentirlo ma siamo in una vera è propria emergenza sicurezza. Delle soluzioni concrete e drastiche possono essere oggetto di vittorie elettorali. Per non essere retorico come le persone che fino ad ora ho criticato vorrei proporre delle soluzioni, sicuramente discutibili:

- Anche se membri dell’UE, ogni cittadino straniero che ha commesso almeno due crimini comuni o un crimine grave, all’interno del territorio italiano verrà espulso;
- Con appositi accordi, gli stati stranieri devono assicurare il controllo delle frontiere e se corrotti , una clausola permetterà il controllo delle frontiere da personale militare italiano ;
- I centri di accoglienza devono essere sorvegliati da personale militare per evitare fughe ;
- Lo stato italiano deve fare campagne pubblicitarie, o meglio, campagne preventive negli stati con maggior affluenza immigrati, mostrando che l’arrivo al nostro paese costa la vita, che le donne le fanno prostituire e non lavorare…


Queste proposte sono buttate così sul tavolino, senza vedere i limiti legali e senza essere stati discussi. Occorrerebbe organizzare un tavolo sulla sicurezza x confrontarci almeno noi Cdl e cercare di trovare una soluzione o almeno un paliativo al problema. Una volta trovate le soluzioni bisogna ottenere il consenso di qualche partito della maggioranza per approvarlo, dato che, se si lascia far a loro, tra comunisti e radicali… si dovrà fare una nuova legge sull’indulto perché oramai i carceri saranno pieni.

Nicola Santoro
( Sanmolis )

domenica 7 ottobre 2007

Le imprese italiane e i loro affari in Birmania



Con la giunta militare birmana si fanno ottimi affari. Il business nostrano col governo che da due settimane sta usando il pugno di ferro per reprimere le manifestazioni pro-democrazia iniziate dai monaci buddisti ammonta quest’anno a quasi 121 milioni di euro. Lunghissimo l’elenco delle imprese italiane grandi e piccole coinvolte nel giro e che quest’anno hanno importato dalla Birmania soprattutto legname, abbigliamento e pietre preziose per un totale di 59.592.916 euro. Tra i nomi eccellenti figurano fiori all’occhiello del made in Italy di lusso come Bulgari, che quest’anno ha importato preziosi per circa 386mila euro.Mentre la diplomazia internazionale protesta per la repressione in Birmania, l’Italia continua a chiudere affari d’oro con la giunta di Than Shwe. Cifre da capogiro che nel 2006, tra import-export, hanno raggiunto gli oltre 120 milioni di euro coinvolgendo circa 360 aziende italiane. Si parte dall’Oviesse, del noto gruppo Coin, che – nonostante un codice di condotta conforme alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e alle convenzioni sui diritti dei lavoratori dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro - è legata al regime birmano da un fatturato di oltre 2,5 milioni di euro.
Buone alleanze anche per il gruppo Auchan che in Birmania ha comprato per oltre 460 mila euro, e per l’italiana Bulgari gioielli con un conto di circa 380 mila euro. Va anche meglio alla francese Van Cleef&Arpels Logistic, che produce articoli di lusso per 4,8 milioni di euro. Meno note alcune imprese come la Bellotti Spa (oltre 7 milioni di euro), e la Nord Compensati Spa (2,4 milioni di euro), mentre stupisce che in alcuni casi si tratti di imprese che, come la Margaritelli e la Gazzotti nel settore del legname, vantano la certificazioni di ecosostenibilità “Fsc”, ma non altrettanta attenzione per i diritti umani. Per le esportazioni il giro di affari supera 60 milioni di euro, ma la presenza italiana si concentra in poche aziende concentrate nei settori meccanici e di difesa. Alla Danieli Officine Meccaniche Spa - specializzata in prodotti industriali nel settore dell’acciaio – il legame con il paese asiatico ha fruttato più di 55 milioni di euro, mentre l’Avio Difesa e Spazio, insieme agli altri settori di Avio Spa, ha mosso nel settore dei componenti aerospaziali militari e civili oltre 1,4 milioni di euro. Ma non è tutto. E’ di circa 60 milioni di euro il giro di affari delle esportazioni. Tra le aziende compare la Avio Spazio Difesa che, insieme alla Avio Spa, ha fatturato quest’anno circa 1milione400mila euro. Leader nella propulsione aerospaziale, come recita il suo sito internet, la Avio è specializzata nella produzione di motori e componenti militari e vanta, tra le altre, la collaborazione con le nostre Forze Armate. Nel dossier non è indicato cosa venda esattamente ai generali birmani.
Le imprese italiane non possono macchiarsi le mani di sangue mantenendo relazioni con l'odierna giunta militare che ha sotto il suo tallone un intero popolo, vessato, torturato e ucciso. Se non intervegono le imprese contro il governo birmano figuriamoci se lo farà il governo italiano incapace di imporsi nemmeno in politica interna. Certo, ognuno ha i propri interessi, ma portiamo avanti la nostra tradizione umanitaria.


Sanmolis

sabato 6 ottobre 2007

Esistono due Portale delle Libertà : il nostro è il primo

Cari lettori del Portale delle Libertà,
vorrei rendervi nota una situazione,difficile da spiegare, che non è certo piacevole per il nostro blog. Il progetto di creare un blog in cui si parlasse di politica, di informazione, di denunce, amicizia e così via nacque nel 2006 grazie a Nicola Santoro (detto: Sanmolis ) che riuscì a mobilitare un gruppo di amici con la stessa passione. Il blog ha garantito sempre la pluralità di informazione e infatti venne chiamato: Portale delle Liberta.

Tutto un tratto è stato creato un "nuovo portale delle libertà" che non è il nostro ma che senz'altro è più competitivo di noi. Ora vi spiego cos'è il "Nuono Portale delle Libertà".IL Nuono Portale delle Libertà raccoglierà proposte e osservazioni da parte di tutti coloro che vorranno contribuire al nuovo programma di governo del centrodestra. Il Portale delle Libertà, raccoglie oltre cento siti selezionati di cultura, politica, economia ed informazione giornalistica italiani ed internazionali. Uno strumento agile e dinamico per mettere in Rete tutti i think tank dell'area di centrodestra: dalle fondazioni agli istituti di ricerca, dalle associazioni ai partiti, dai giornali e dalle riviste ai blog del popolo delle libertà.


La cosa che ci rammarica è che :
Il nome "Portale delle Libertà" era stato creato già nel 2006. Nel 2007 ne è stato creato un'altro con il nome "Portale della libertà". Nel nostro sito si è notata un'impennata di accessi, le statistiche degli utenti in linea impazzivano e la cosa divenne sospetta. Infondo non siamo così bravi da interessare un unumero elevato di persone. Dopo delle ricerche si scoprì che la gente andava su Google e scriveva il "Portale delle libertà" pensando di andare a visitare il "Portale della libertà" (state attenti, la differenza sta nella A). A questo punto, da ragazzi corretti, mandammo una mail al "Portale della libertà" segnalando il disguido e promettendo di aver inserito un link reinviando gli utenti nel "Portale della libertà" e che magari ci potevano inserire tra i loro link...

Da bravi ragazzi cosa abbiamo ottenuto?

Che hanno registrato anche il "Portale delle libertà" (con la E invece che con la A), non ci hanno inserito tra i loro link e non ci hanno risposto. Non è finita qui!! Non mi piace fare accuse che potrebbero essere infondate ma... secondo voi è un caso che fino a settembre se scrivevi su Google "Portale delle libertà" appariva il nostro sito per primo mentre ora esce alla quarta pagina tra i risultati non idonei? Il "New Portale delle libertà" appare per primo... se questa è libertà, se questo è il popolo di destra... Complimenti! Il nostro "Portale delle libertà" vi ringrazia e vi fà gli auguri di buon lavoro! Noi abbiamo ben recepito il concetto di Libertà e di denuncia e ,in base a ciò, continueremo a comportarci coerentemente. In assoluta libertà!

Un saluto da la redazione
del "Portale delle Libertà"
http://sanmolis.blogspot.com/

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